
La Superlega, nelle intenzioni dei fondatori, dovrebbe essere quell’evento calcistico infrasettimanale tra 20 top club composto da 15 fondatori e 5 qualificazioni annuali. Tutte le partite si giocheranno durante la settimana, tutti i club continueranno a competere nei rispettivi campionati nazionali, preservando così il tradizionale calendario ed aumentando i contributi di solidarietà che le big elargiranno alle squadre più piccole, visto che le dazioni sono in proporzione al fatturato. Insomma, una specie di Champions League privata che ha mandato su tutte le furie la Fifa e l’Uefa, preoccupati più della loro sopravvivenza che del calcio minore, che infatti hanno minacciato azioni legali e l’esclusione di tutti i colpevoli di insubordinazione dalle competizioni nazionali e internazionali. Noi non sappiamo se la Superlega sia una cosa positiva o negativa ma siamo certi che si tratti del naturale risultato della gestione del calcio degli ultimi anni.
Dalla sentenza Bosman in poi, il calcio è diventato sempre più un incrocio tra spettacolo e business, relegando l’aspetto sportivo in posizione residuale. Ciò implica due conseguenze: una di tipo economico e l’altra di tipo sociale. Le squadre di calcio non sono enti benefici ma vere e proprie aziende con scopo di lucro le quali, se da una parte sono spesso quotate in borsa e soggette a controlli contabili e di profittabilità, dall’altra sono sottoposte a regole assurde come il fair play finanziario e vincoli di solidarietà verso le squadre provinciali che, di fatto, ne limitano la libertà di impresa e di fatturato. Se vuoi diventare una big devi investire ma se investi ci sono mille regole che rischiano di farti fallire, perché ti frenano dal punto di vista degli introiti, che potenzialmente potresti raccogliere per stare a galla e remunerare il capitale investito.
Un mostro bicefalo insomma, metà azienda e metà ente benefico verso i piccoli club che non ce la fanno e vengono tenuti artificialmente in vita con i contributi delle società più grandi. Le aziende calcistiche, in quanto multinazionali attive nell’entertainment (perché così le hanno volute) si sono dunque regolate di conseguenza, cercando quei nuovi profitti che il sistema non riusciva più ad assicurare.
E quale sarebbe lo scandalo? Mi avete voluto multinazionale e mi comporto come tale. Dal punto di vista sociale, checché se ne dica, vi è una spaccatura notevole tra il cosiddetto calcio di provincia e il calcio che conta. C’è un calcio che non va oltre la stracittadina, che non supera i confini della città, che vorrebbe ma non può, che si auto-ghettizza in un sistema di schermaglie ultra-locali, quasi folcloristiche. E c’è un calcio di respiro internazionale, che va oltre i puponi, gli eroi provinciali, i gol di Turone e La leva calcistica del Sessantotto di Francesco De Gregori. Il calcio “dei grandi” è meno poetico? È meno romantico? Sicuramente, ma sono le istituzioni calcistiche nazionali e internazionali che hanno ridotto il calcio in queste condizioni e non coloro che, rebus sic stantibus, cercano di emergere sentendosi proiettati oltre i campetti più o meno di provincia. D’altronde sono parecchi decenni che tutti ci lamentiamo del fatto che i vivai, ormai, non vengano più valorizzati e che è necessario spendere troppi milioni per acquistare campioni già fatti, senza potersi permettere il lusso di perdere tempo. Cos’è questo fenomeno, se non la spettacolarizzazione del calcio divenuto business?
E chi ci ha portato fino a questo punto? I fondatori della Superlega o le istituzioni che da ormai troppi anni governano il pallone? Adesso gli eredi di Joseph Blatter e Michel Platini minacciano grosse ritorsioni contro i dodici fondatori della Superlega, avvertendo che ai relativi tesserati sarà inibita la possibilità di partecipare a tutte le competizioni nazionali e internazionali. Va bene, provassero loro ad organizzare una manifestazione che preveda l’assenza di tutti i tesserati di Manchester United, Manchester City, Liverpool, Arsenal, Chelsea, Tottenham, Barcellona, Real Madrid, Atletico Madrid, Juventus, Inter, Milan. Tantissimi auguri.
Aggiornato il 20 aprile 2021 alle ore 13:03