
Dad: una sigla ormai entrata nel nostro lessico quotidiano. Dad come didattica a distanza in tempo di pandemia. Didattica che ha poco a che fare con l’aspetto relazionale, esperienziale, emotivo che caratterizza il luogo didattico per eccellenza che è la scuola. Scuola che rappresenta il luogo di elezione dello scambio emotivo relazionale con il gruppo dei pari, contenitore di esperienze sensoriali, esperienziali tipiche dell’età infantile, adolescenziale e giovanile.
Non c’è adulto che non ricordi esperienze legate alla frequentazione della scuola, storie tra banchi e campanelle che lasciano traccia nella memoria di ciascuno di noi. Storie tra i libri e tra le pagine scritte dei diari che raccontano di gioie e dolori, di sapori, di odori, di toccamenti, di corse, abbracci, risate, silenzi e tutto ciò che si vive all’interno delle mura degli istituti scolastici di tutto il mondo. Mondo che oggi propone, a causa della pandemia, un nuovo modo di vivere la didattica. Didattica a distanza, fuori dalle mura scolastiche ma all’interno delle mura domestiche. Mura domestiche che non sono attrezzate per sostenere l’impegno di una didattica oltre la scuola.
Oltre la scuola la famiglia, oggi, è impegnata a seguire i bimbi e i ragazzi in Dad, che diventa per i genitori una fatica surreale. Surreale è lo sforzo che devono fare mamme e papà, nonni, zii per cercare di vigilare, seguire, orientare, motivare gli scolari disorientati a seguire le lezioni davanti ad uno schermo. Schermo che rischia di appiattire la motivazione, l’attenzione, la riflessione e che conduce gli studenti verso una situazione didattica, che si potrebbe definire “fanciful”.
Ci vuole tanta fantasia per poter sopravvivere ad una didattica che non ha il sapore dell’esperienza, della condivisione e dello scambio ma che fa precipitare i bimbi e i ragazzi in una dimensione borderline tra la realtà e la fantasia. Fantasia che non ha nulla a che fare con le favole o il mondo incantato, ma che immerge la mente dei genitori e degli scolari in uno stato di affaticamento psichico e fisico, che sembra non poter essere dominato da nessun tipo di bacchetta magica che interrompe l’incantesimo.
La Dad assume la forma di un incantesimo che ha sospeso i bimbi e i ragazzi, ma anche i loro genitori, in una dimensione emotivo-psicologica oltre la realtà, oltre l’oggettività dell’essere e dell’esistere. Tutti sospesi, tutti incantati, tutti alla mercè del sortilegio pedagogico pandemico. Sortilegio che ha trasformato i genitori in eroi domestici immersi in un vero mondo “fanciful”. Un mondo abitato da “folletti fastidiosi e dispettosi” che assumono le sembianze ora di un computer da dividere in quattro, ora di una connessione che si interrompe, ora di un docente confuso e in preda al delirio informatico, ora dell’ansia da prestazione da monitor dello scolaro svogliato e confuso. Folletti che ormai sono diventati familiari e che invadono il contenitore domestico, unico contenitore emotivo-relazionale pandemico che rischia di esplodere o di implodere.
Le mamme e i papà, trasformati in fate turchine e grilli parlanti tengono duro tra il sugo che bolle, la Dad che incombe e le video-chiamate di lavoro. Mamme e papà multitasking che assumono sempre più le sembianze di personaggi surreali alle prese con una realtà “fanciful” sospesa tra il reale e il virtuale, con l’unica speranza che, ad un certo punto, sfregando il bollilatte esca fuori il genio che risolve tutto… tornando a vivere felici e contenti.
Felici e contenti non fa rima con Dad in pandemia, ma certamente fa rima con la possibilità di poter avviare dei modelli di didattica a distanza più consapevoli, più appropriati e oltre il programma ministeriale pensato per la didattica in presenza. Felici e contenti fa rima con una Dad creativa, in divenire, che tenga conto dell’impatto emotivo-relazionale del metodo informatico, che si interroghi sulla carenza di relazione, di scambio e di condivisione.
Didattica a distanza dinamica empatica creativa (Daddec) pensata da chi dovrebbe decidere le linee guida didattiche delle nostre scuole in tempo di pandemia. Daddec che non può essere un copia e incolla della didattica in presenza, ma dovrebbe prevedere un approccio pedagogico nuovo che tenga conto delle nuove sinapsi, che il “fuori” le mura scolastiche ha attivato nella mente dei bimbi e dei ragazzi in tempo di pandemia. Tempo pandemico che ha avviato un necessario ripensamento del metodo didattico, che forse dovrebbe intraprendere percorsi pedagogici che vadano un po’ oltre il tragitto che si può fare “a bordo dei banchi con le rotelle”.
(*) Psicoanalista – Docente universitario di Psicologia generale
Aggiornato il 23 marzo 2021 alle ore 10:32