
Parlare di sport, in giorni scanditi dalla conta delle vittime cadute sotto la falce del Coronavirus, potrà sicuramente apparire come un esercizio superfluo e, per qualcuno, irriverente. Lo sport è percepito come uno svago, nelle migliori delle ipotesi, se non un puro business in cui ragazze e ragazzi strapagati offrono spettacoli effimeri, solo per infiammare gli animi di tifosi privi della benché minima nobiltà d’animo. In questi tempi drammatici si è quindi assegnato allo sport la veste di un protagonista inopportuno, a cui è stata data più importanza di quella che in realtà avrebbe dovuto avere, importanza giustificabile solo con la mole di soldi che alcuni movimenti sono in grado di muovere – ogni riferimento alla ormai ribattezzata “azienda calcio” non è puramente casuale. Si inseguono allora moralisti dell’ultima ora pronti a bacchettare chiunque provi a spostare il dibattito sui bisogni di chi ha fatto dello sport la propria professione e dalla quale trae con molta fatica un medio stipendio mensile, oppure di chi, durante la propria esistenza, lo ha sempre praticato ed in questo periodo è stato invece confinato in casa.
Al predicatore di turno segue, solitamente, l’applauso del pubblico, che non lesinerà invece fischi e scherni al malcapitato corridore amatoriale, alias il runner. Il tema, ormai annichilito, dovrebbe invece acquistare nuova verve ed essere affrontato in tutti quegli aspetti positivi vissuti ogni anno da milioni di professionisti, amatori o solo appassionati, che non solo rendono l’argomento di necessaria analisi, ma che anzi lo portano a divenire una priorità. Il diritto a praticare sport, nella sua concezione più alta, è difatti un diritto di rango costituzionale che non viene citato all’interno della Carta Fondamentale, ma le cui diverse espressioni rientrano sotto la tutela dei diritti inviolabili. Lo sport infatti, sia come disciplina che come organizzazione, trova la propria tutela in molte previsioni della nostra Costituzione, poiché di tali previsioni rappresenta concreta attuazione.
Realizzare la propria personalità e manifestare il proprio sviluppo (articoli 2 e 3). Ciò non di meno lo sport come fenomeno associativo rientra evidentemente nelle tutele degli articoli 17 e 18 della stessa In ogni caso è indubbio come l’attività fisica sia veicolo e strumento di ulteriori diritti costituzionali. Lo sport è uno dei modi per esprimere il pensiero e per manifestare la propria arte (sicuramente étoile Roberto Bolle può definirsi uno degli atleti più completi del panorama nazionale), ipotesi che rientrano rispettivamente sotto la tutela del fondamentale articolo 21 della Costituzione. L’esercizio fisico è imprescindibile per la tutela della salute, protetta dall’articolo 32, poiché un corpo allenato è sicuramente più sano e meno incline ad ammalarsi, così come lo è per l’istruzione e l’educazione, tutelati e protetti dal successivo articolo 33. La materia sportiva, oltre ad essere oggetto di insegnamento sin dalla scuola primaria, è in ogni caso un’esperienza di vita che arricchisce tutti i partecipanti, generalmente aumentando il livello di civiltà di tutte le persone coinvolte.
Forse a ben vedere la mancata menzione dello sport nel Testo costituzionale non è stata del tutto casuale, poiché relegarlo e descriverlo in una definizione avrebbe finito per limitarlo, mentre l’esperienza sportiva coinvolge svariati momenti sociali in maniera fluida, del tutto coerentemente con la nostra società liquida, per citare Zygmunt Bauman. Ed allora non si comprende la ritrosia verso lo sport ed il mondo dello sport, non si comprende l’avversione nei confronti di chi, timidamente, ha deciso di voler indossare un paio di scarpe da ginnastica per combattere la sedentarietà imposta, non si comprende neppure lo scetticismo nei confronti di chi dallo sport, direttamente ed indirettamente, trae il proprio reddito, qualunque esso sia. Tra i detrattori più irriducibili si trovano quelli che utilizzano quale argomento principe la presenza di problematiche più serie ed urgenti di cui doversi occupare. Quasi a dire che porre l’accento sui bisogni di chi ritiene importante l’attività sportiva, o quantomeno fisica, vuole significare sottrarre energia alla ricerca delle soluzioni alle ulteriori problematiche, solitamente economiche e sanitarie.
Nessuno si accorge che tale impostazione racchiuda in sé due paradossi. Il primo è quello di ritenere che i vari tavoli di discussione debbano essere aperti ad intermittenza alternata; così che la presenza di un confronto su un determinato argomento precluda la presenza di altri. Il secondo, invece, riguarda una ritenuta indipendenza tra i vari argomenti. Parlare di sport è anche parlare di economia. E si badi bene non solo l’economia della legata alla ripartenza della massima serie del campionato di calcio, ma soprattutto quella collegata agli altri professionisti dello sport, nonché dei movimenti amatoriali, dei circoli sportivi, delle piscine, dei negozi di articoli sportivi e dei loro dipendenti. Insomma pur se non parliamo di un volano, sicuramente lo sport rappresenta una discreta fetta di economia che potrebbe ripartire, per altro in assenza di alcuna conseguenza negativa. Ma parlare di sport è anche parlare di salute, perché volente o nolente uno sportivo deve affrontare un minimo di esami clinici, è parlare di lotta all’obesità, argomento che interesserà molti dei nuovi fornai, pizzetari e pasticceri che hanno scoperto la loro inclinazione durante la quarantena.
Prendere in considerazione lo sport è anche parlare di insegnare la differenza, come ha fatto giustamente fatto notare Vasco Rossi, tra distanziamento sociale, locuzione non condivisibile nel suo significato perché può fraintendere un distanziamento nei rapporti e non nelle persone, ed un semplice distanziamento fisico tra i partecipanti ad una gara. Insomma cercare di far ripartire lo sport equivale quantomeno a cercare di ridare a milioni di appassionati, che lo guardano o lo praticano, una miriade di esperienze positive, così da poter dimenticare per qualche ora un momento negativo, forse, ad oggi, il più brutto della nostra vita. È dunque vero, è anzi evidente, come porsi il problema della ripartenza dello sport non significa tentare di trovare la soluzione, ma solo un palliativo.
Perché, parafrasando Arrigo Sacchi, lo sport è la cosa più importante tra le cose meno importanti e quindi tanto irrilevante non è. A tutto questo va aggiunto che lo sport per i giovani, ed anche per i non più giovani, è un modo per ritrovarsi, conoscersi, superare se stessi e gli avversari in un modo leale, limpido, positivo sotto tutti i punti di vista. È un modo per migliorarsi a qualsiasi livello, ognuno nella sua realtà amatoriale e/o professionistica. Non dimentichiamo che anche durante le guerre lo sport è stato messaggero di pace, di valori, di fratellanza tra gli stessi popoli in guerra, insomma di amore non solo di economia come appare oggi per alcuni sport professionistici. Insomma, rispettiamolo ed anche a livello politico, come in questo momento, diamogli il giusto peso e la giusta attenta dignità
Aggiornato il 08 maggio 2020 alle ore 12:11