
Alessio da Viterbo scrive all’Opinione Risponde (lettere@opinione.it): “Sono un ingegnere gestionale e da poco mi sono separato di fatto da mia moglie, la quale si è rivolta ad un avvocato facendomi recapitare una lettera che annuncia la separazione per colpa. Io vorrei invece risolvere con una separazione consensuale. Dal matrimonio, durato 10 anni, non sono nati figli. Quali sono le procedure legali per iniziare la separazione?
Abbiamo rivolto il quesito all’avvocato Filippo Sirolli Mendaro Pulieri, che scrive: “Quella che oggi andiamo ad affrontare è una delle problematiche maggiormente trattate all’interno del mio studio. L’articolo 151 del Codice civile, al secondo comma, prevede la facoltà di richiedere l’addebito della separazione. Nel ricorso devono essere indicati e provati (anche attraverso foto, video, registrazioni – sentenza della Corte di Cassazione n. 35553/2017) i diritti e/o i doveri che si dichiarano violati, come ad esempio la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione, la coabitazione e così via. Se uno dei due coniugi ha avuto addebitata la separazione, lo stesso perde il diritto al mantenimento, ridimensionato al solo diritto agli alimenti ove, ne sussistano i presupposti, (stato di bisogno, incapacità di provvedere anche in parte al proprio sostentamento economico e capacità economica del coniuge) e i diritti successori in caso di premorienza prima della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Se non sono state commesse le violazioni di cui sopra, non si ha nulla da temere. Per quanto riguarda la separazione in senso proprio, la stessa può essere di fatto, consensuale, giudiziale o tramite l’assistenza di legali attraverso lo strumento della negoziazione assistita a norma del D.L. 132/2014. La separazione di fatto non produce effetti giuridici, e si verifica con la cessazione della convivenza da parte dei coniugi. La separazione consensuale è il procedimento giuridico con il quale i coniugi decidono, di comune accordo, di interrompere la convivenza regolando autonomamente le condizioni e le modalità dei loro rapporti economici e personali. La domanda di separazione consensuale può essere proposta da un coniuge con l’accordo dell’altro o da entrambi congiuntamente, tramite ricorso al Tribunale dell’ultima residenza comune o del luogo in cui il coniuge convenuto ha la propria residenza o domicilio. Termina con il decreto di omologa emesso dal Tribunale, previo parere del Pubblico Ministero. Ottenuta l’omologa il verbale acquista efficacia legale. Se i coniugi non sono d’accordo sulle modalità di separazione, spesso per motivi economici, è necessario incardinare, presso il medesimo Tribunale, una separazione giudiziale. La separazione giudiziale è un procedimento civile contenzioso, che termina con sentenza del Presidente del Tribunale. Il provvedimento del Giudice può essere riformato dalla Corte d’Appello che dovrà emettere una nuova sentenza. Recentemente il D.L. n. 132 del 2014 ha concesso anche una via molto più rapida: lo strumento della negoziazione assistita. Tale procedimento non si svolge in Tribunale. Se non ci sono figli, o questi sono economicamente autosufficienti, non è necessaria l’assistenza dell’avvocato. In questo caso i coniugi potranno recarsi presso l’ufficio di stato civile del Comune dove risiedono, oppure in quello dove hanno contratto matrimonio. Nell’ipotesi in cui è richiesta la presenza del Legale, gli accordi dovranno essere comunque esaminati dal Pubblico Ministero e trasmessi all’Ufficiale dello Stato Civile. Se i vostri intenti sono anche quelli di regolare trasferimenti immobiliari, sempre che si tratti di una separazione consensuale, consiglio il decreto di omologa del Tribunale Civile. Una volta separato chiederei, nei tempi di legge, il divorzio affinché alla ex moglie non vengano riconosciuti i diritti successori in caso di premorienza”.
Aggiornato il 11 maggio 2020 alle ore 18:08