Il popolo italiano è composto oggi non più da commissari tecnici, economisti e politologi, ma anche da esperti virologi. Ad essi si aggiungono poi le nuove star del firmamento mediatico del momento, gli scienziati in medicina che affollano le reti televisive e i giornali in genere.

Se penso invece che il Rinascimento europeo abbia visto camminare lungo le strade delle sue città una figura unica come Teofrasto di Hohenheim, meglio noto con il nome di Paracelso, il grande medico che ha rivoluzionato la visione della medicina del suo tempo, oppure Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim, anche lui inclito medico, mi rendo conto di quale abisso ci separi dai quei tempi.

Tuttavia oggi, se dovessi individuare qualcuno che possa somigliare al sapiente svizzero o al tedesco suo contemporaneo, non esiterei ad indicargli Mariano Bizzarri, docente di Patologia Clinica all’Università “La Sapienza” di Roma, direttore del Centro di ricerca sui sistemi complessi della Sapienza nonché presidente del Consiglio scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Il professor Bizzarri, qualche giorno fa su alcuni organi di stampa e sulla prestigiosa rivista European Review for Medical and Pharmacological Sciences ha comunicato che “quaranta malati di coronavirus (con sintomi e moderata insufficienza respiratoria) su quaranta, con la nostra molecola associata ad altri farmaci, sono andati migliorando fino a guarigione senza peggiorare e necessitare di terapie intensive”.

Sulle pagine de La Nazione, il professor Bizzarri ha quindi nuovamente dichiarato che la “molecola della speranza”, come essa è stata subito ribattezzata con enfasi cronachistica, è l’Inositolo, che è tra le altre cose del tutto naturale e priva di effetti collaterali, sperimentata già dal professor Vittorio Unfer. L’Inositolo potrebbe essere utile a contrastare la crisi respiratoria generata dal Covid-19, in quanto impedirebbe all’origine la polmonite interstiziale caratteristica del coronavirus.

Questa molecola era già stata utilizzata in precedenza per curare alcune patologie respiratorie molto gravi nei bambini e per bloccare l’infiammazione polmonare cronica nei fumatori, proprio per questo la si è voluta sperimentare nella lotta al coronavirus, su pazienti che presentavano seri sintomi e pesanti difficoltà respiratorie che, curati nelle loro abitazioni, dunque senza essere ricoverati, dopo circa venti giorni di somministrazione dell’Inositolo in una dose giornaliera di quattro grammi, unito a clorochina o altri anti-infiammatori e anti-coagulanti hanno tratto eccellenti benefici. L’antibiotico invece è stato usato solo nei casi in cui la febbre toccava i 38 gradi e vi era il rischio di una grave infezione per il paziente, oltre al cortisone, necessario per attenuare le alterazioni della risposta immunologica in corso.

Va altresì sottolineato invece il rammarico – a dir poco – del professor Bizzarri, per quanto riguarda l’interesse e l’aiuto ricevuto in queste loro ricerche da parte dello Stato italiano, che non ha elargito un solo centesimo per sovvenzionarle, con una risibile elargizione di soli cinque milioni di euro da parte del ministero della Salute riservata agli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, mentre ha completamente obliato la ricerca universitaria. Ovviamente – mio pensiero in merito – queste scoperte da parte dello staff del professor Bizzarri, non favoriscono certo i sostenitori del vaccino obbligatorio né delle famose applicazioni di tracciamento digitale, rendendo tutto ciò superfluo, se non inutile e quindi di fatto impedendo l’attuazione di un sistema di sovracontrollo sulla popolazione che riprenderebbe, in caso di malattia, a fare la propria vita normale non appena guarita.

A chi volesse infine ritrovare nel tempo e nell’arte del passato simili contrasti tra medici, rimandiamo il gusto di saper interpretare alcuni dipinti storici quali La visita del dottore di Frans van Mieris o il più noto La lezione di anatomia del dottor Tulp di Rembrandt, ma soprattutto il tema della supremazia presunta di alcuni virologi nostrani tanto attenti al voler apparire sui media, mi richiama alla mente un capolavoro di Hieronymus Bosch: L’estrazione della pietra della follia. Nell’opera del pittore olandese, datata al 1480, si può vedere un chirurgo che tenta di estrarre dal cranio del suo paziente una piccola pietra che ne causerebbe la malattia. Il medico raffigurato nel dipinto non ci incute certo fiducia anzi semmai il contrario, visto che utilizza un imbuto come copricapo, facendoci pensare di essere così più folle di colui che sta curando.

Poco più di cinque secoli fa un artista tra i più visionari della storia della pittura occidentale quindi, dipinge il proprio sospetto sulle reali capacità di un medico delle fiandre dei suoi tempi, e siccome nihil sub sole novum est, ci giunge il sottile, insinuante sospetto che anche oggi, non soltanto tra gli improvvisati e autonominati esperti in medicina e in biochimica, si annidi qualche emulo del cerusico fiammingo, ma che ve ne siano anche alcuni nascosti tra coloro che vanno combattendosi verbalmente nelle varie arene televisive. Personalmente preferisco coloro che – come l’équipe romana della Sapienza – svolge il proprio lavoro di ricerca in incognito, in quell’aureo silenzio che non è dei mediocri, ma al contrario, il sigillo dei sapienti.

Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 12:58