
Le bufale giornalistiche sono diventate virali. Il tentativo di condizionare l’opinione pubblica con informazioni inventate, ingannevoli e distorte risale indietro nel tempo. Un mezzo utilizzato spesso in tempo di guerra e nei conflitti tra Stati, tra partiti e schieramenti sindacali. Mai però come in questi tempi di Coronavirus sono apparse tante bufale che vanno ben oltre il semplice errore informativo. Alcuni media hanno dato credito a teorie complottistiche mentre altre hanno spacciato per vere e risolutive soluzioni di laboratorio mai effettuate. Un caos. Aggravato dalla diffusione di notizie e video da parte dei social network, utilizzati ormai come prima fonte d’informazione e comunicazione da parte di ragazzini e anziani. Internet incombe, domina più del Grande Fratello di George Orwell e serve a tutti: benpensanti, galantuomini e esponenti della criminalità organizzata, come ha messo in guardia il Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri.
“Siamo tutti sempre connessi”, ripete uno slogan per evidenziare un modo di essere “distanti ma vicini”. Il cittadino deve passare per Internet per stampare i moduli (cinque in poche settimane) per muoversi da casa, per chiedere all’Inps di entrare in graduatoria del bonus di sopravvivenza (che ha offuscato il reddito di cittadinanza), per ritirare le ricette in farmacia (finalmente anche in Italia il medico di base manda il codice a barre al farmacista e tu puoi ritarare il medicinale). Con la crescita dell’uso di Internet aumenta il rischio di essere colpiti dalle frodi on line che stanno diventando sempre più frequenti. Banche ed altri enti raccomandano di non rispondere a email, sms, app di Instant messaging sconosciuti. La truffa è dietro l’angolo, anzi dietro ad ogni telefonata di persone che non si conoscono. E ormai ne arrivano tante dai call center dislocati in tutti gli angoli della terra. Ci sono strumenti e indicazioni per evitare di essere colpiti a tradimento? Come difendersi dalle fake news, ossia dalle false notizie?
Un primo esempio viene dalla Rai che ha riconosciuto la necessità di varare una struttura contro le fake news, mettendoci a capo il giornalista e direttore di Rai News 24 Antonio Di Bella. Lo sforzo di offrire ai lettori e ai telespettatori notizie attendibili è stato sempre un compito primario del giornalismo professionistico, attraverso l’esperienza e il confronto tra le varie fonti e la verifica degli esperti. Con l’utilizzo forsennato dei social e l’arrivo su computer o smartphone di un flusso tumultuoso di informazioni la situazione si è fatta più delicata. Quello che è accaduto dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus ha travolto tutti gli operatori dei media e del mondo medico. Essere precisi e puntuali è diventato un dovere prioritario. L’attualità impone una rigorosa verifica delle informazioni soprattutto di tipo scientifico e medico. Non sarà facile rendere operativa la task force della Rai (un gruppo che dovrebbe essere sempre a disposizione e che lavori in sinergia con tutti i giornalisti e manager dell’azienda pubblica).
Che il fenomeno è molto sentito si ricava dall’iniziativa di Google che ha messo a disposizione 6,5 milioni di dollari per finanziare “fact-checker” e organizzazioni no profit affinché possano dotarsi di strumenti necessari per combattere la disinformazione, con particolare riferimento alle notizie sul Coronavirus. I contagiati superano ormai nel mondo il miliardo di persone.
Aggiornato il 03 aprile 2020 alle ore 14:51