Trojan e querele temerarie, alti rischi per il giornalismo

martedì 10 marzo 2020


Gli effetti del Coronavirus si fanno sentire sull’editoria. Si vendono nelle edicole meno giornali e sono quasi azzerati i periodici e gli investimenti pubblicitari. L’emergenza sta determinando una situazione di grave crisi, osserva il presidente degli editori Andrea Riffeser Monti in un appello al governo, per le imprese editrici e l’intera filiera della stampa. Sono necessari interventi urgenti. L’overdose comunicativa avviene prevalentemente in tivù. Imperversano anche i siti online. Sugli smartphone individuali arriva di tutto: notizie serie e messaggi ironici, satirici, video reali ed elaborazioni artificiose. Mentre ci si avvia verso il massimo allarme, secondo gli esperti della sanità, per la diffusione del virus i giornali fanno fatica a stare dietro il flusso di dichiarazioni sfornate dai telegiornali e dai cosiddetti programmi d’approfondimento.

Passa in tivù un’informazione caotica, confusa che spesso non tiene conto del richiamo alla responsabilità nazionale fatto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la professione giornalistica, ancora di riferimento contro le notizie false, le distorsioni e le speculazioni. Il giornalismo si trova in mezzo allo stato di crisi di molte aziende e all’utilizzo (a volte distorto) delle nuove tecnologie. Le prese di posizione del governo Conte in merito all’editoria hanno l’aspetto di Giano bifronte. Da un lato Giuseppe Conte apre un tavolo per salvare, entro giugno, i bilanci dell’Inpgi e dall’altro attraverso la legge di bilancio 2020 inserisce una norma capestro come l’obbligo di sostituire due prepensionati con un neo assunto che può non essere giornalista. La mancanza di chiarezza ha indotto il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna ad incaricare gli uffici dell’ente di valutare l’incostituzionalità della norma al fine di impugnarla in sede giudiziaria.

L’editoria, che è di fronte ad una crisi sistemica e a stravolgenti cambiamenti, non ha bisogno di docce fredde ma di provvedimenti razionali e concreti proprio nel momento in cui occorrono maggiori responsabilità per la complessa situazione che sta vivendo il paese per le conseguenze drammatica, sia sanitarie che economiche, della pandemia del virus. Mentre c’è più bisogno di regole certe e precise si stanno abbattendo sul giornalismo due pericoli: il primo è costituito dai “trojan” e il secondo dalle querele temerarie, ancora non punibili per legge. Il fenomeno delle intimidazioni, minacce e denunce è in aumento secondo le rilevazioni di “Ossigeno” rese note verso la fine del 2019 nella Giornata mondiale indetta dall’Onu per mettere fine alle impunità per i reati contro i giornalisti.

La Commissione giustizia del Senato ha licenziato un disegno di legge, primo firmatario il grillino Primo De Nicola, che prevede sanzioni pecuniarie per gli autori di querele infondate contro i giornalisti. Ci vorrà ancora tempo perché Camera e Senato approvino il testo definitivo. Per i “trojan” mercoledì 11 marzo, se il coronavirus lo consentirà, la Corte costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi sull’ammissibilità del conflitto. Di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dal deputato di Italia viva Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, che lamenta una lesione delle sue prerogative costituzionali di parlamentare per essere stato “illecitamente sottoposto, in via indiretta, a intercettazione di conversazione”. Entra in gioco l’utilizzo del “Cavallo di Troia”, il provvedimento approvato in via definitiva dal Parlamento qualche settimana fa e che modifica la riforma Gentiloni sulle intercettazioni mai entrata in vigore.


di Sergio Menicucci