INSIEME AD UGO SCOMPARE LO STATO. ANCORA UNA VOLTA

martedì 3 marzo 2020


Quando qualcuno perde la vita, giovane o vecchio che sia, in qualunque zona e nelle più indecifrabili situazioni, il mondo perde due cose: un cittadino modello, oppure un criminale modello (che sia uno spacciatore, un ladruncolo senz'arte, o un omicida).La drammatica vicenda di Napoli è un copione che ormai ci ha stancato. C'è una minaccia, c'è una difesa, e poi c'è una distorta interpretazione di quella difesa data da parenti ed amici. 

Qui non serve a nulla improvvisarsi pacifisti,o presunti difensori dei diritti umani (che, di fatto, sono convenzioni teoriche). Ci siamo stancati di sentire le solite storie codificate, i soliti antropologi del baby crimine, i soliti avvocati da centro sociale che ''era solo un ragazzino''. Come se la poco più che tenera età rappresenti una ennesima,banale giustificazione.
Come potrebbe insegnarci un Saviano qualsiasi, in quei buchi neri delle estreme periferie del mondo l'età conta ben poco. A dieci anni si è già adulti, si sa già tenere una pistola in mano e magari puntarla in faccia a qualcuno facendo il vocione da rapinatore di banche, si conoscono le droghe, si sanno riconoscere gli orologi d'oro da quelli finti. E non serve nemmeno fare paragoni tra i ragazzi da Bronx partenopeo e i ragazzi ''per bene'', perchè tanto qualcuno avrebbe da ridire anche su questi ultimi. È che manca lo Stato.

Non abbiamo bisogno di istituzioni travestite da educatori o da animatori da ludoteca. Abbiamo bisogno di uno Stato che riconosca la sofferenza di quei luoghi, di quei cittadini, di tutte quelle storie anonime e silenti, che però a volte sono estremamente veloci nel venire alla ribalta.
Servono istituzioni nazionali e locali che sappiano impugnare il diritto di ogni ragazzo ad una esistenza migliore, magari lontana dalla famiglia, che è la principale università - soprattutto quando le discipline sono minacce, rapine, spaccio, contrabbando ,bullismo.  Quelle stesse famiglia che in pieno stile oscurantista prendono sempre le parti del teppista di turno, magari riversandosi in ospedale a distruggere l'unico luogo che la vita può salvarla davvero.
Da parte del militare, sicuramente, c'è stata l'imprudenza di una soluzione affrettata e pienamente evitabile. Si è criticato, nell'universo grottesco e sterile dei social, il fatto che questo carabiniere avesse al polso un orologio di mirabile fattura. ''A Napoli non si gira con un orologio del genere'', ennesimo consiglio, comico a mio parere, di quelle casalinghe e leggendarie guide su come si debba vivere in certi luoghi a rischio. È come dire, al carabiniere, che se l'è cercata.
Qui stiamo riscrivendo l'iconografia del dramma. La strada non può essere laboratorio di perversione e incubatore di crimine (parliamo sempre di baby crimine).
Al Pronto Soccorso di Napoli si è quindi ricreato il set  perfetto di quegli sceneggiati che tante persone hanno solo visto al cinematografo. Il bilancio dei danni è drammatico: pazienti trasferiti in altri ospedali e danni tali da non permettere lo svolgimenti delle attività in sicurezza, nonchè l'assenza delle condizione igienico-sanitarie decenti.  In quelle ore di terribile neorealismo, due persone a bordo di uno scooter hanno sparato alcuni colpi di pistola contro il Comando provinciale dei carabinieri di Napoli, come a dire, tanto per cambiare, ''non finisce qui''.
Con l'inizio e lo svolgimento delle indagini si farà luce sulle dinamiche ancora poco chiare, ma comunque ipotizzabili, della vicenda. Si capirà, anzitutto, l'esatta serie di azioni - durate pochi secondi - che vanno dalla fuga del giovane sino ai colpi letali. Fino all'esibizione di violenza e inciviltà avvenuta dapprima in ospedale e poi davanti alla sede dei carabinieri.
Le vittime sono tre: il ragazzo, che ha perso la vita nell'età che potrebbe essere la più bella: quella dell'amore, della scuola, della creazione di un'esistenza nell'onestà. Il carabiniere, che si porterà dietro il dramma di aver sfidato il tempo e lo spazio, colpendo così gravemente il giovane. E poi lo Stato, che continua a dimostrarsi troppo fragile, troppo succube di certi manipoli criminali che devastano le nostre città, sottraggono i ragazzi alla vita vera, e che negoziano i sogni con le facili carriere nel crimine.


di Enrico Laurito