
Il rettore di Catania, Francesco Basile, e altri nove docenti sono stati sospesi dal servizio dal Gip. Sono indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. La Procura aveva richiesto gli arresti domiciliari. Si tratta di un vero e proprio “codice di comportamento sommerso” operante in ambito universitario, secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere predeterminati dai docenti interessati. Al centro delle indagini su “Università bandita” della Digos, coordinate dalla Procura etnea, ci sono 27 concorsi. Sono complessivamente 40 i professori indagati degli atenei di Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.
L’ordinanza applicativa della misura interdittiva, emessa dal Gip di Catania, su richiesta della locale Procura distrettuale, è stata eseguita da personale della polizia di Stato. I nove docenti destinatari del provvedimento sono professori con posizioni apicali all’interno dei dipartimenti dell’Università di Catania: Giacomo Pignataro, ex rettore; Giancarlo Magnano San Lio, prorettore dell’Università; Filippo Drago, direttore del dipartimento di scienze biomediche; Giovanni Gallo, direttore del dipartimento di matematica; Michela Cavallaro, direttore del dipartimento di Economia; Giuseppe Barone, ex direttore del dipartimento di Scienza Politiche; Roberto Pennisi, direttore del dipartimento di Giurisprudenza; Carmelo Monaco, direttore del dipartimento di Scienze biologiche; Giuseppe Sessa, presidente del coordinamento della Facoltà di Medicina.
La polizia di Stato sta eseguendo perquisizioni nei confronti dei 40 professori indagati. L’inchiesta nasce da indagini avviate dalla Digos della Questura di Catania su 27 concorsi che per l’accusa sono stati “truccati”. E in particolare riguardano l’assegnazione di 17 posti per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore. Le intercettazioni ambientali effettuate avrebbero dimostrato un meccanismo consolidato per la “sistemazione” dei concorsi.
Le indagini hanno accertato come nessuno spazio doveva essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo poteva essere presentato contro le decisioni degli organi statutari. Secondo quanto accertato, inoltre, le regole del codice avevano un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni erano punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.
Carmelo Zuccaro, procuratore della Repubblica di Catania, ha fornito i dettagli dell’operazione. “Abbiamo accertato – ha detto – che questo sistema, che vedeva al vertice il precedente rettore e il rettore attuale ha inquinato il sistema di votazione all’interno dell’ateneo per la nomina del rettore e per la nomina degli organi più importanti. Un sistema che non esito a definire squallido”.
Gli investigatori hanno sottolineato come il sistema non sia ristretto all’università etnea ma si estenda ad altri atenei italiani i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono sempre preoccupati di “non interferire” sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente, favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole. Tra i 40 indagati vi sono anche coloro che hanno vinto i concorsi.
Tra gli indagati figura anche una docente dell’Università di Cagliari. Si tratta di Maura Monduzzi, 69 anni, ordinaria di Chimica Fisica della facoltà di Scienze, Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche. Alla Monduzzi, ordinaria dal 2001, è stato notificato dalla Digos di Cagliari l’avviso di garanzia. La docente deve rispondere di concorso in abuso d’ufficio. Secondo le accuse, Monduzzi avrebbe fatto parte della commissione di un concorso che si è tenuto a Catania nel 2017, sfociato in una serie di denunce da parte dei partecipanti.
Aggiornato il 28 giugno 2019 alle ore 16:41