
“È stata una Corea”. Quante volte noi italiani abbiamo sentito questa espressione, usata in forma metaforica praticamente per tutto. Dal calcio alla politica, passando per la conduzione disastrosa delle imprese del parastato.
Per riflesso pavloviano abbiamo statisticamente sempre mandato moccoli calcistici, e persino politici. E questo ogni volta il pensiero è corso a quel maledetto campionato del mondo del 1966 quando, al 42esimo minuto di una partita giocata la sera di un dannato 19 luglio, fummo eliminati da un leggendario goal del dentista e calciatore dilettante della Corea del Nord, Pak Doo-Ik. Alcuni italiani ricordano ancora con ansia e rabbia la telecronaca e la voce sempre più depressa di Nicolò Carosio man mano che si avvicinava il novantesimo minuto. In quella squadra c’erano Enrico Albertosi, Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola, Giacomo Bulgarelli (che si infortunò alla fine del primo tempo ma non poté essere sostituito perché all’epoca le regole Fifa non lo prevedevano a livello internazionale) e Gianni Rivera. Ma non c’erano ancora Gigi Riva e Roberto Boninsegna. Che quattro anni dopo in Messico cambiarono tutto il verso di quei Mondiali. Con il nuovo commissario tecnico, Ferruccio Valcareggi al posto dell’ormai segnato dal destino Edmondo Fabbri. Altri tempi.
Sono passati 52 anni da allora, e non c’è più il Muro di Berlino. Che nel 1966 invece era stato costruito da appena cinque anni. Ieri quindi la Germania della Frau Angela Merkel, già stremata dal tira e molla sui migranti con Matteo Salvini e la Francia di Emmanuel Macron, ha registrato lo smacco più grande della sua storia calcistica. Ha avuto la propria Corea. Che è del Sud invece che del Nord, e non può definirsi più “una squadra di dilettanti”, ma la sostanza rischia di non cambiare. Uno smacco sportivo che per la Merkel rischia di rappresentare la goccia che farà traboccare un vaso fin troppo pieno. Sarebbe da dire: si accettano scommesse. Di certo la partita di mercoledì ha fatto vedere una Germania fatta da giocatori imborghesiti, seduti sugli allori, con il tecnico Joachim Löw che già dalla sconfitta con il Messico si era reso conto di avere una squadra di generali e di senatori con pochi operai.
E senza nessun degno successore del leggendario Miro Klose, che a 34 anni suonati rifilò due gol su sette al Brasile nell’ultima edizione del campionato del mondo. Adesso tutti sembrano avere fatto il rispettivo tempo. Klose non gioca più, mister Löw non è più vincente e la Merkel rischia di cadere per la concorrenza populistica di Alternative fur Deutschland, da una parte, e per il forte pressing del ministro degli Interni Horst Seehofer della Csu bavarese, dall’altra. Una nemesi, come quella dell’arresto di Sarkozy? Nicolas e Angela pagano pure per i sorrisini di sufficienza contro Silvio Berlusconi? Vallo a sapere. Di certo sia “Hybris” – la iattanza – sia “Nemesis” – la vendetta - sono due divinità che manderebbero al tappeto pure il Colosso di Rodi.
Aggiornato il 28 giugno 2018 alle ore 13:11