
“Vogliamo sapere, conoscere e capire se c’è stata una violazione dei dati. L’Europa è il più grande mercato dei social network, dobbiamo difendere la libertà. Mark Zuckerberg deve spiegare”. Una posizione, quella del presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che ben evidenzia la gravità dello scandalo Cambridge Analytica.
Eh sì, l’uso improprio dei dati di milioni di utenti utilizzati a fini politici da parte della società britannica accende i riflettori su un aspetto che rischia di essere sottovalutato se non si interviene tempestivamente e con forme di controllo incisive. Infatti, la libertà di espressione (in particolare nei social network) non solo è un diritto garantito e tutelato dai trattati europei ma, ancor di più, il “termometro” dell’indipendenza e libertà di opinione degli stessi stati democratici.
Aver trafugato dati personali sugli utenti di Facebook a partire dal 2014, poi, rappresenta una violazione ancora maggiore: quella dell’uso ingannevole delle informazioni raccolte per la manipolazione delle campagne elettorali (in primis quelle Usa) il referendum sulla Brexit e altre competizioni elettorali.
Sempre Tajani, in un’intervista al quotidiano “La Stampa”, pur limitandosi a parlare di sospetti riguardo alle recenti elezioni italiane, non nasconde le sue preoccupazioni: “Io non ho le prove. Ma una cosa è certa: dobbiamo essere in grado di evitare che alle elezioni europee del 2019, qualcuno possa immaginare di sfasciare l’Europa con mezzi illegali”.
Nel frattempo anche la Commissione federale del Commercio Usa – l’organismo che si occupa di proteggere i diritti dei consumatori e della concorrenza – ha aperto un’indagine su Facebook con il rischio di multe salate di diversi milioni di dollari. E, sebbene, al momento la società di Menlo Park si senta estranea alla vicenda, nulla fa pensare a una sua piena innocenza.
Sia le Istituzioni nazionali che internazionali (come anche le Autorità indipendenti europee sulle comunicazioni) sono intenzionate ad andare fino in fondo alla vicenda, concordando su una posizione: la violazione dei dati personali è una violazione della democrazia. L’Europa non può permetterselo, i cittadini europei non lo perdonerebbero.
Aggiornato il 21 marzo 2018 alle ore 13:44