Femminicidio: 149 le donne uccise solo nel 2016

sabato 30 settembre 2017


La cifra fa paura. Chi subisce, denuncia e interiorizza il dolore sicuramente ne ha ancora di più. Si sa, la violenza contro le donne è un fenomeno di difficile misurazione perché consumato quasi sempre negli ambienti familiari, dove una donna dovrebbe sentirsi più sicura e rispettata. Ma anche i più omertosi. Ebbene, i dati presentati dal presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, nel corso dell’audizione in Senato davanti alla Commissione di Inchiesta sul femminicidio, non possono che confermare questa amara realtà, ovvero “le ragioni per le quali questo fenomeno rimane in ampia misura sommerso sono proprio da ricercare nella prossimità con l’autore dei crimini, che è in tre quarti dei casi il partner o un familiare. Se amare vuol dire anche fare male, allora il problema non diventa più solamente familiare ma, soprattutto, culturale e sociale.

L’educazione ai sentimenti, in tutte le sue forme, rappresenta ad oggi la prima grande sfida. I dati mostrano che più di una donna su tre vittima della violenza del partner ha riportato ferite, lividi, contusioni o altre lesioni (37,6 per cento). Circa il 20 per cento è stata ricoverata in ospedale a seguito delle ferite riportate, e più di un quinto di coloro che sono state ricoverate ha avuto danni permanenti. La violenza non si ferma neanche nel corso di una gravidanza: in poco meno di un caso su quattro (23,4 per cento) le violenze sono diminuite, mentre per il 7,5 per cento delle donne sono addirittura aumentate e per l’8,5 per cento iniziale.

Scorrendo i dati elaborati dall’Istituto nazionale di statistica, poi, si osserva come l’autore sia prevalentemente italiano per tutte le tipologie di violenza; in particolare, gli stupri subiti dalle donne italiane sono stati commessi da italiani in oltre l’80 per cento dei casi (81,6 per cento), da autori stranieri in circa il 15 per cento dei casi. Per le vittime straniere, l’autore delle violenze è un connazionale una volta su due, esclusi i casi meno gravi di violenza e molestie dove l’autore è prevalentemente italiano. Gli stupri subiti dalle donne straniere sono stati commessi da connazionali in circa tre casi su quattro (73,2 per cento), da italiani e altri stranieri rispettivamente nel 18 e nell’11 per cento dei casi.

Ma le percentuali sono anche numeri da interpretare, analizzare e correggere. Talvolta i contesti sociali di matrice patriarcale e quelli divisi in classi hanno la colpa di aver generato meccanismi ideologici tali da aiutare (e molte volte giustificare) le relazioni di disuguaglianza, discriminazione, ingiustizia e tutti i tipi di violazioni dei diritti a scapito delle donne solo perché in posizione subordinata e marginale. Il risultato non potrà che essere un controllo totalizzante sulla persona, psicologicamente assoluto e umanamente offensivo.

Né bisogna credere gli autori di femminicidio come vittime di raptus e follia omicida così da generare la falsa idea che le violenze vengano perlopiù commesse da persone portatrici di disagi psicologici o in preda ad attacchi di aggressività improvvisa. Al contrario, negli ultimi anni sono stati pochi i casi procurati da patologie psichiatriche o altre forme di malattie, ancor di meno se commessi per liti legate a problemi economici o lavorativi.

Questo vuol dire che potenzialmente la violenza appartiene ad ogni contesto sociale. Anche il professionista uccide, sfregia con l’acido o molesta la propria compagna esattamente come il manovale o il disoccupato. Il dossier dell’Istat contiene, inoltre, un quadro informativo su alcuni elementi di contesto sociale. Leggerli forse ci aiuterebbe a comprendere meglio perché il fenomeno è più culturale di quanto sembri. La soluzione non può e non deve essere ricercata solamente nella legislazione vigente, nei dogmi religiosi o nell’educazione informativa. Ma riconoscere e gestire le emozioni, passare da una morale sessuale ad un’etica dei sentimenti. Tutto questo non deve far paura.


di Mauro Mascia