Dopo l’omicidio stradale ci vorrebbe una legge su quello sanitario

“Esiste una legge che punisce l’omicidio stradale per chi provoca danni irreparabili con la propria sconsideratezza alla guida? Ne dovrebbe esistere un’altra su quello sanitario che per analogia sanzioni tutta la catena di comando, dal ministero alle Regioni, fino al direttore sanitario e al medico o al chirurgo. Specie quando non segnalano i potenziali rischi mortali che possono derivare dalle infezioni che si possono contrarre all’interno dei presidi del servizio sanitario nazionale per i continui tagli economici, soprattutto alla ricerca”.

La proposta, se vogliamo provocatoria (anche perché di leggi speciali in Italia non sembra proprio essercene ulteriore bisogno) promana da una agguerrita onlus specializzata in tematiche di politica sanitaria, la “Giuseppe Dossetti – I valori”. E segnatamente dal suo segretario, Claudio Giustozzi. E nasce a margine delle tematiche che saranno dibattute da oggi a fine week-end a Trento durante il Festival annuale dell’economia, che quest’anno ha una sezione ad hoc dedicata alle “ineguaglianze sanitarie in Italia”.

Giustozzi, in questa breve ma intensa chiacchierata con “L’Opinione” in vista del convegno del 14 giugno in Campidoglio sugli organismi antibiotico resistenti, che in Italia provocano la non trascurabile cifra di 6-7mila morti annue, su 33mila nel resto d’Europa, decide di lanciare un allarme istituzionale che difficilmente potrà essere sottovalutato.

“Il problema è semplice, purtroppo gli ospedali italiani non sono più sicuri come erano paradossalmente quindici anni orsono, e i ricoveri, specie di coloro che ne hanno bisogno continuativamente, stanno diventando ulteriori fattori di rischio”.

Tutto questo perché? “Perché, anche se noi siano stati per il “ni” al referendum di Matteo Renzi, va detto che l’unica cosa buona sarebbe stata la riforma del Titolo V in Costituzione e segnatamente della politica sanitaria in Italia che oggi come oggi è diventata una specie di Cenerentola istituzionale”.

In che senso? “In quello dei continui tagli di spesa lineari che hanno praticamente azzerato la ricerca, fermando l’orologio a dieci o quindici anni fa, e nel senso dell’impossibile coordinamento delle 20 Regioni su unici livelli di standard non solo di spesa ma anche di sicurezza e di prestazioni per gli utenti, cioè i pazienti”.

Proprio le stesse cose sentite ieri e oggi a Trento nel su citato Festival dell’economia. Il ché significa che se uno è curato in Lombardia corre meno rischi che se lo è nel Lazio o peggio in Campania o nel Sud e nelle isole. E questo di per sé è un bello schiaffo all’articolo 3 della Costituzione. “Per non parlare del danno costituito dal ritorno di masse di diseredati, poveri, nuovi poveri e stranieri, alla pratica abortiva clandestina, cosa per la quale abbiamo recentemente inviato una diffida alla ministra pro tempore e il ministero anche alla Corte dei conti”.

Secondo quale ragionamento? “La mancata attuazione della legge 194, a partire dal non risolto problema dell’obiezione di coscienza e del conseguente turismo dell’aborto, ma continuando con l’accantonamento istituzionale del consultorio preventivo e di informazione, che in pratica non esiste più, fino alla retrocessione di alcuni anticoncezionali, anche curativi per le patologie dell’apparato riproduttivo femminile, persino quelle sessualmente trasmissibili, dalla fascia A alla fascia C, cioè da quella dei mutuabili a quella in cui si pagano per intero, in un quadro di popolazione che si impoverisce e con tutti gli stranieri che ci sono e che vivono una situazione di clandestinità, ha riportato indietro, tipo macchina del tempo, a quando in Italia si praticava l’aborto clandestino solo che adesso non è più clandestino perché proibito ma perché indotto la Lorenzin invece di prendersela con Matteo Renzi per un’eventuale mancata rielezione a causa dello sbarramento al 5 per cento della futura legge elettorale, dovrebbe ricordarsi di quando andò via lei dal partito di Silvio Berlusconi, battendo pure la porta, pensi di più alla salute degli italiani”.

Insomma, l’antifona che la Dossetti onlus vorrebbe spiegare con i convegni come quello del 14 giugno sui “Superbugs”, è che “in Italia, così come da anni si lamenta una non esistenza di una seria politica industriale dello Stato”, lo stesso discorso andrebbe fatto per “la politica della sanità”. Pur in un quadro a macchia di leopardo dove di certo non mancano le cosiddette eccellenze e medici bravi e amministratori bravissimi, “siamo praticamente di nuovo all’anno zero”. A proposito, proprio di omicidi sanitari verrebbe da dire.

Aggiornato il 01 giugno 2017 alle ore 23:21