“Blue Whale”, specchio del vuoto delle nuove generazioni

C’è uno spettro che si aggira sui social network: la balena blu. Un gioco suicida che sta purtroppo prendendo sempre più piede sui social media, droga del nostro tempo. Si chiama “Blue Whale”. Per cinquanta giorni i partecipanti si devono procurare tagli su mani e braccia, documentare il tutto con foto da spedire sui social, con relativi hashtag e infine porre fine alla propria vita gettandosi dall’estremità di un palazzo. Il tutto senza un vero motivo. Così, per gioco. Verrebbe da sorridere se non fosse che la “balena blu” sta mietendo una serie impressionante di vittime.

Ideato da un ex studente russo di psicologia, il gioco ha preso molto piede sul web grazie al tam-tam mediatico che si crea attorno a queste orribili sfide autolesionistiche. Tra condivisioni e foto, il terribile gioco del cetaceo è arrivato anche in Italia, e sta colpendo gli adolescenti, alcuni giovanissimi. È di pochi giorni fa (25 maggio) il caso, riportato su “Il Giorno”, di tre ragazzine di 12 e 13 anni, nel Comasco, salvate grazie all’intervento di un’insegnate della scuola media che frequentano. Peraltro, all’insaputa dei genitori, le tre studentesse avevano già iniziato a seguire i dettami del “curatore”, e procurarsi dei tagli alle braccia. Per fortuna nulla di grave. Ma l’aspetto più drammatico è senza dubbio quello legato al lavaggio del cervello, che questi fantomatici guru della Rete fanno sui concorrenti.

Giorno dopo giorno gli ordini da seguire diventano sempre più dolorosi e una volta entrato nel girone infernale il malcapitato non può tirarsi indietro per paura di ritorsioni, non solo contro di lui, ma anche contro i familiari. Insomma, è una corsa verso una morte violenta. Ma la domanda che sorge spontanea è: perché molti giovani si cimentano in questo tipo di sfide? Qual è la ragione del loro interesse per questo tipo di atrocità? Purtroppo le considerazioni che sono state fatte sono molte e tante altre ne verranno ancora fatte, perché è necessario trovare nel più breve tempo possibile una riposta a queste domande.

Forse però l’amara conclusione è che nelle giovani menti dei nuovi adolescenti alberghi il nulla. Essenzialmente un vuoto prodotto da un malessere che assumono in maniera osmotica dalla società nella quale vivono e che li spinge a gettare via la loro vita per qualche like in più su Facebook. Non trovando altri divertimenti, altre attrazioni, altri modi per passare il tempo, i ragazzi si tagliano le vene, mandano le foto a un “leone da tastiera”, che precedentemente li ha plagiati, e infine si gettano nel baratro. Il baratro oscuro del nulla. Di un nulla che dovrebbe essere riempito di valori, di idee, emozioni. La verità è che chi decide di affrontare il gioco della balena sceglie di non affrontare la vita. O meglio, non ne conosce l’incommensurabile valore.

Aggiornato il 29 maggio 2017 alle ore 13:36