
La moderazione nel difendere la Libertà non è una virtù. Non lo è e non lo è mai stata. Che sia per ignavia, incoscienza, stupidità o semplice paura, tutti coloro che solo molto timidamente protestino contro un potere che confischi la loro libertà (e quella degli altri), o addirittura si girino dall’altra parte, sbagliano. Drammaticamente.
Gli industriali interessati solo a far soldi disinteressandosi di politica, diritti e giustizia, cessando così di essere borghesi orgogliosi del loro ruolo per ridursi a semplici ricchi, costruiscono le loro fortune personali sulla sabbia, perché quella politica di cui non si occupano si occupa però di loro è può loro succedere di vedersi privati del successo e dei beni da un potere governativo o costretti, come talvolta in Italia, al carcere preventivo (anche incolpevoli e senza processo) da un sospettoso sostituto procuratore confortato da un gip.
I finanzieri e i grandi speculatori di Hong Kong che non si espongono e non aiutano gli studenti nella loro battaglia per mantenere le libertà tradizionali dell’enclave, finiranno per diventare degli espropriati e semplici impiegati del Partito Comunista cinese o molto, molto peggio. I giornalisti che, pur intravvedendo la verità dei fatti, la nascondano cercando di assecondare il potere o il trend “politically correct” dominante, diventeranno semplici scopiazzatori di veline e molto più facilmente tacitabili. Gli strapotenti social network che da qualche tempo si arrogano il diritto di dare o negare la parola secondo loro arbitrari criteri, non potranno proprio per questo in futuro ripararsi dietro la “non responsabilità” per ciò che diffondono, ma saranno allora giustamente chiamati a risponderne in giudizio, come qualsiasi editore o direttore di giornale.
In Italia una ancor più colpevole (perché voluta e consapevole) noncuranza del valore essenziale della libertà, si è ritrovata nel comportamento delle sinistre sulla pandemia col Governo rosso-giallo del pessimo Giuseppe Conte, dove il continuo richiamare il “prima la salute” ha assunto lo stesso suono preoccupante del “ma pensa alla salute”, che sempre i fiancheggiatori dei poteri autoritari hanno dato come paralizzante consiglio a tutti coloro che volevano protestare per un arresto arbitrario, una legge liberticida, una prepotenza poliziesca. Come sempre è stato fatto dagli aspiranti autocrati, il comportamento supino e gregario viene propagandato come “virtù civica” dai poteri consolidati e tende ad imporre un conformismo (questo sì di gregge) completamente indipendente dalla reale bontà e necessità dei provvedimenti, ma fine a se stesso, per abituare ad obbedire sempre e comunque a quei poteri.
Sei contrario alla violazione della Costituzione e della democrazia per l’uso di decreti puramente amministrativi (in luogo di decreti-legge da convertire in Parlamento) per negare libertà fondamentali? Ma pensa alla salute! Sei preoccupato perché chi esprime un parere contrario viene zittito come untore? Ma pensa alla salute! Sei preoccupato per il blocco dell’economia, per l’aumento della disoccupazione, per il debito pubblico galoppante? Ma pensa alla salute! Hai dei dubbi sulla utilità della segregazione coatta, perché non vedi correlazione statistica evidente tra Paesi che hanno chiuso molto, poco o per nulla e diffusione della pandemia? Ma pensa alla salute!
Solo che “il pensa alla salute” ha molto poco a che fare con la stessa e molto invece con l’invito a farti solo gli affari tuoi, se non vuoi subire la repressione poliziesca che una sinistra, rimasta in gran parte comunista ad onta dei ripetuti trattamenti cosmetici, riteneva e sempre ritiene parte fondamentale del suo “seguire le regole”. Non hanno mai capito che bisogna rispettare regole che siano però rispettose dei cittadini. Non hanno mai capito o forse proprio non conoscono quello che affermava Thomas Jefferson: “In materia di potere smettiamola di credere alla buonafede degli uomini, ma mettiamoli in condizioni di non nuocere con le catene della Costituzione”. A sinistra, come sempre, credono che si possa barattare la libertà con l’uguaglianza e la pace e, come sempre, ci tolgono la libertà senza darci proprio nulla, perché senza libertà non ci sono né pace né uguaglianza.
E neanche la salute, che solo i grandi laboratori di biochimica, spesso additati con disprezzo dai demagoghi ecologisti di ieri e di oggi, ci hanno davvero ridato. Anche la democrazia, che, se per noi liberali di tutte le specie è semplicemente e linearmente il popolo che vota ed esprime, nel quadro costituzionale, Parlamento e Governo, per loro è qualcosa di completamente diverso, perché per le sinistre i voti non si contano, ma si “pesano” secondo i loro arbitrari criteri.
Nessuna sorpresa perché lo hanno sempre teorizzato, da ben prima prima di Capalbio o del comunismo infantile di Roberto Speranza: “La classe operaia guida del popolo, il Partito Comunista guida della classe operaia, il comitato centrale guida del Partito Comunista, il politburo guida del Comitato centrale, il primo segretario guida del politburo”. Alla faccia dell’uguaglianza. Se oggi, molto contorcendosi, impiegano altri termini, come democrazia digitale, politically correct, cancel culture, l’esito è sempre lo stesso, dividono la società in sottogruppi (di classe, di etnia, di genere, di età) di cui si auto attribuiscono la rappresentanza, per giocarli con leggi esclusive (contraddittorie coi principi generali) contro le singole persone e ottenere l’egemonia e che poi il Capo si chiami “primo segretario”, “amico del popolo” “responsabile della piattaforma”, o magari “l’elevato” , ha poca importanza: il risultato è lo stesso. Una piramide liberticida e ineguale.
Ma per fortuna alla lunga non funziona, perché non può funzionare. Nei casi peggiori può distruggere la vita e la felicità della gente per anni, anche per più di una generazione, ma poi crolla. La macchinosità, l’approccio metodicamente antieconomico, la pretesa di tutto regolamentare, la pesantezza e il cinismo di tutte le concezioni che in un modo o nell’altro si riallaccino al comunismo (che pubblicamente non chiamano più così per ipocrita vergogna), facendone delle strutture profondamente innaturali, le condanna però alla sconfitta, perché, come la loro burocratica costruzione ha inizio, l’incontenibile spirito della libertà comincia irresistibilmente a corroderle da dentro fino al loro crollo.
Rimane storico lo striscione esposto a Mosca nelle prime manifestazioni anticomuniste della crisi dell’Unione Sovietica: “Da settanta anni in marcia verso il nulla”. Se la pandemia è stata, a partire dal cattivo esempio Cinese, l’ultimo campo in ordine di tempo di applicazione diffusa dello spirito illiberale, la giustizia è invece, almeno nel mondo libero, un problema eminentemente italiano. Una magistratura che da “ordine” si è fatta potere senza una legittimazione democratica elettiva, ha negli anni profondamente alterato, con l’influenza esercitata sui media e sui partiti di sinistra, la funzione parlamentare e le regole liberali dello Stato di diritto costituzionale, dalla presunzione di innocenza alla prescrizione dei reati ingiudicati, dalla libertà garantita fino a processo finito al pieno diritto a difendersi, dalla parità tra accusa e difesa alla chiara separazione tra pm e giudici, dalla libertà di critica delle sentenze alla responsabilità civile dei magistrati.
E anche (e forse soprattutto) in questo campo la moderazione nel difendere la libertà non è una virtù. La Lega, questa riserva popolare di energia morale, nel decidere di scendere sul terreno referendario per ridare ai cittadini onesti la certezza del diritto, ha completato quella lunga marcia attraverso le istituzioni che l’ha portata, praticando sempre la democrazia, ad assumere nella nostra Nazione il ruolo di difesa della Libertà, che è stato della Destra Storica, di Alcide De Gasperi e di Luigi Einaudi e cioè (insieme a Giovanni Giolitti) dei protagonisti delle più grandi vere stagioni riformiste del nostro Paese. Una società aperta nell’economia e nei comportamenti, una Europa unita e difesa nell’uguaglianza reale dei suoi abitanti, la certezza per il cittadino onesto di essere libero di scegliere, di frequentare, di fare – di vivere insomma – per suo inalienabile diritto e non per semplice concessione. È questo che vuole la Lega e lo vuole per tutti. La Libertà, appunto.
Aggiornato il 18 maggio 2021 alle ore 09:28