Quando afferma che questo Governo non può fare le riforme di giustizia e fisco, Matteo Salvini dice una cosa sensata.
Quando afferma che la Lega, se non le vuole, deve uscire dal Governo, Enrico Letta sbaglia. Come sbagliano Giuseppe Provenzano, vicesegretario del Partito Democratico, e Roberto Gualtieri, già ministro dell’Economia, scesi in campo in queste ore per dare manforte al loro segretario.
Intendiamoci, può darsi che Salvini stia scaldando i motori in vista delle elezioni amministrative di ottobre e stia provando ad intestarsi anzitempo l’ascesa di Mario Draghi al Quirinale, così da spianare la strada allo scioglimento delle Camere all’inizio del prossimo anno. Può darsi che il “fantasma” di Giorgia Meloni lo inquieti assai e che le schermaglie di questi giorni siano strumentali, proprio, a una manovra interna alla destra. Non si può neppure escludere, d’altra parte, che nella mente di Salvini vi sia la volontà di rovesciare le proposte su giustizia e fisco che saranno presentate da Mario Draghi, così e in questo modo da marcare il terreno e distanziarsi nettamente dalla sinistra.
Può darsi che tutto questo sia vero e stia nell’azione del leader del Carroccio, come sostengono i democratici. Anche fosse così, però, la ragione continua a stare dalla sua parte.
Come scritto su queste colonne prima del divampare della polemica, quel che bolle in pentola non pare in grado di soddisfare le vere esigenze del paese. Mario Draghi guida uno strano governo, politico e tecnico al tempo stesso, con dentro sinistra, centro e destra, e quindi non è seriamente pensabile che riesca a proporre riforme in grado di scuotere le fondamenta di fisco, giustizia, ma anche di mercato, economia, Pubblica amministrazione. Né è pensabile che la scossa arrivi dal parlamento, mancando tra le forze che lo compongono la coesione necessaria per abbracciare cambiamenti epocali. Sostenere, allora, come fa il segretario della Lega, che nessuna vera riforma può essere partorita da questo governo e da questo Parlamento costituisce, puramente e semplicemente, la narrazione della realtà.
C’è poi un altro motivo che dà ragione a Matteo Salvini. Per quanto è dato conoscere, le proposte su giustizia e fisco riprendono progetti della sinistra e del Movimento 5 Stelle, mentre non contengono, se non marginalmente, quelli del centrodestra. Sul fisco, ad esempio, pare si intenda conservare, sostanzialmente, il sistema attuale, con qualche modifica al meccanismo di progressività dell’Irpef e con qualche diversa ripartizione delle aliquote dell’Iva, con marginali modifiche al sistema di accertamento e del processo tributario. Sulla giustizia, poi, sembra che non si voglia superare completamente la regola, scritta da Alfonso Bonafede e da alcuni magistrati, della “prescrizione del reato mai”. D’altra parte, sembra non s’intenda affrontare neppure la questione della separazione delle carriere, la riforma dell’accesso alla magistratura, quella della responsabilità dei pubblici ministeri e dei giudici, compresa la responsabilità erariale. Così come pare dimenticata la riforma dell’ordinamento giuridico, l’altro grande, vero nodo delle difficoltà della giustizia. Tutto questo, per quello che finora si è appreso, non c’è, mentre ci sono molte idee raccolte nel campo della sinistra e dei grillini.
È evidente che, di fronte a possibili proposte segnate da un così evidente sbilanciamento ideologico, la destra, anche se di Governo, non possa ingoiare il rospo. Ma il motivo non sta, come sostiene Letta, nel fatto che Salvini vuole far saltare i finanziamenti europei o trasformare il “semestre bianco” in un Vietnam parlamentare, ma sta nel fatto che, se accettasse di mangiare quella minestra, rinnegherebbe alcune delle fondamenta ideali della sua linea politica e del suo schieramento. Questo non si può pretendere, non sta nelle cose e non sta nella politica.
Ecco perché Salvini ha ragione, almeno per ora. Il resto, sempre per adesso, è fumo o cabaret.
Aggiornato il 18 maggio 2021 alle ore 10:11