Perché lo Stato? Per aiutare

lunedì 8 marzo 2021


Confesso che più volte mi son chiesto, nel corso degli ultimi anni, perché mai soltanto proferire la locuzione “aiuti di Stato” equivalga a lanciare quasi una bestemmia, deplorevole e tale da vergognarsene al solo pensiero. Si afferma ovunque che gli aiuti di Stato si porrebbero contro l’Europa, che li bolla come si trattasse di illeciti gravissimi, per il semplice motivo che essi potrebbero inquinare la limpidezza di un mercato concorrenziale che tale deve rimanere.

Ora, a tacere del fatto che di tale limpidezza concorrenziale non mi pare possa intravedersi traccia sicura – posto che le multinazionali in regime di oligopolio spadroneggiano in tutto il mondo, Europa compresa – rimane una domanda fondamentale la quale non va presa come domanda ingenua: se lo Stato non aiuta, e se gli viene impedito di aiutare, cosa ci sta a fare?

Infatti, da che mondo è mondo, lo Stato aiuta e se non aiuta non serve a nulla, perché se esso non aiuta cominciano i veri e seri guai. Uno Stato che non aiuta, può fare infatti due cose. O si disinteressa del tutto dei suoi cittadini, limitandosi a gestire la difesa al proprio interno, attraverso le forze di polizia, e all’esterno, attraverso le forze armate. In questo caso, però, il risultato è disastroso, come è facile vedere considerando come il liberalismo assoluto e generalizzato – quello celebre della “mano invisibile” di Adamo Smith che aggiusterebbe tutto – non sia in grado da solo di rimediare alle più gravi ed inaccettabili ingiustizie sociali, che permangono inalterate e sempre più gravi.

Oppure – e questa è la seconda ipotesi – lo Stato si interessa troppo dei suoi cittadini, invadendone in modo intollerabile la sfera privata e condizionandone tutte le declinazioni, in modo pervasivo e sostitutivo. Anche in questo caso, il risultato è disastroso, come dimostrano i comunismi che nella storia hanno prodotto i “gulag” allo scopo di impedire le diseguaglianze, ma uccidendo la libertà individuale, presupposto irrinunciabile di ogni organizzazione umana.

Ecco allora che lo Stato non deve né ignorare né sostituire i propri cittadini: non rimane che aiutarli. Ne viene che lo Stato, se non vuole svanire come tale, deve appunto aiutare i cittadini – soprattutto quando da soli non ci riescono – nel fare ciò che vogliano fare, in tutti i settori della vita civile e sociale: economico, culturale, assistenziale, sportivo, familiare. Questa la nobile e veneranda funzione sussidiaria dello Stato, rispetto ai cittadini ed ai gruppi sociali, come – fra l’altro – sedimentata nel pensiero di don Luigi Sturzo e di tutto il cattolicesimo politico. E allora perché l’Europa bandisce come illeciti gli aiuti di Stato?

Esiste un solo ed unico senso in cui quel divieto può essere accettato: bisogna non gettare il denaro dalla finestra, facendo piovere milioni di euro a destra e a manca come nulla fosse, come hanno fatto per esempio i pentastellati col reddito di cittadinanza. Ma, per il resto, occorre che lo Stato aiuti e aiuti a piene mani, attraverso incentivi, opere pubbliche, detassazioni, argini fiscali, perfino finanziamenti agevolati, come potrebbe per esempio essere quello per Alitalia, malata cronica e agonizzante da almeno due decenni. Che male ci sarebbe se lo Stato, modulando un corretto ed innovativo piano industriale, provvedesse a ricapitalizzare in modo acconcio ed agevolato la compagnia di bandiera, garantendone la italianità, attraverso la Cassa depositi e prestiti? Se ne risentirebbero le altre compagnie europee? Forse. Ecco perché a far ciò dovrebbe essere l’Europa. E dovrebbe farlo per tutte le situazioni simili.

Ma dimenticavo: l’Europa non è uno Stato federale, quale i suoi fondatori (Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schumann) volevano fosse. È una Europa a metà, perennemente incompiuta. Ecco allora la vera ragione in forza della quale l’Europa proibisce gli aiuti di Stato: non perché essi siano male in sé, ma perché l’Europa non è uno Stato e non tollera che gli Stati facciano ciò che essa non è in grado di fare. Gli europei si chiedono dunque: quanto dovremo attendere perché l’Europa, federata, divenga finalmente uno Stato?


di Vincenzo Vitale