
Non è vero che non sono un profeta, perché lo sono. Sono un profeta e lo affermo spudoratamente. E lo dimostro anche, profetizzando a Beppe Grillo come andranno le votazioni stabilite sulla piattaforma Rousseau a proposito dell’ingresso dei pentastellati nel Governo di Mario Draghi. Anticipo qui cosa accadrà. Mi pare che gli iscritti alla piattaforma siano più o meno centomila; bene. Quelli che voteranno saranno più o meno settantamila. Ebbene, prevedo anche che, di questi, circa il 60/65 per cento voteranno a favore dell’ingresso nel Governo Draghi. Di quale percentuale si tratta? E di quale rispetto, in particolare, alla massa dei votanti per il partito di Grillo? E di quale natura? Mi pare si tratti, rispetto a circa dodici milioni di voti ottenuti alle ultime elezioni, di quasi lo 0,5 per cento, vale a dire di una percentuale risibile, se in base alla stessa si pretende di essere indirizzati dal proprio elettorato verso la maggioranza di Governo o verso l’opposizione. Se poi ci si chiede quale sia la natura di una tale irrisoria maggioranza, dobbiamo concludere che essa di certo è una maggioranza molto, ma molto relativa e, per di più, che lo è di una minoranza quasi inesistente. Come sostanzialmente inesistente è il numero di settantamila rispetto a quello di dodici milioni.
Eppure, sarà proprio in forza di questa molto relativa maggioranza di una inesistente minoranza che Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte ci racconteranno che, da veri democratici, cioè per rispetto dei principi della democrazia, saranno obbligati ad entrare nel Governo guidato da Draghi; e che lo faranno a malincuore, turandosi il naso, come suggerì di fare Indro Montanelli con la Democrazia Cristiana vari decenni or sono. In altre parole, costoro scaricheranno sui loro elettori il peso della responsabilità che li “costringe” a far parte del Governo, loro malgrado. Faranno deliberare agli altri – decidere di far parte dell’Esecutivo – ciò che loro non hanno il coraggio di deliberare: si nasconderanno, cioè, dietro la finta democraticità della piattaforma Rousseau. E così il pranzo – fuor di metafora, l’imbroglio – sarà servito. E dico imbroglio perché solo chi abbia i prosciutti sugli occhi potrà non vedere e non capire come si tratti di una colossale e ripetuta ipocrisia politica e sociale, consumata proprio ai danni dell’elettorato grillino il quale, per suo conto, o è cieco oppure preferisce chiudere gli occhi per non vedere.
Piattaforma Rousseau? Ma cosa avrebbe a che vedere – di grazia – il ginevrino con le pratiche grilline? Cosa avrebbe da spartire il teorico della volontà generale con il grillismo, se non il suo esser il padre del totalitarismo politico moderno? Forse Grillo e Di Maio non lo sanno o non se ne ricordano, ma nella prospettiva di Rousseau ogni singolo individuo aliena il proprio sé verso la comunità, la quale perciò esprime la volontà generale di tutti, che in realtà non è di nessuno. Da qui il totalitarismo politico. O forse Grillo e Di Maio lo sanno fin troppo bene, e perciò dichiarano in modo evidente ciò che fanno: espropriare ogni soggetto del suo “sé” politico, per egemonizzarlo in una non meglio definita comunità che, pur dicendosi antipolitica, celebra in realtà il trionfo della peggior politica. Quella dell’oblio della persona umana e del suo corredo di libertà e di responsabilità. Comunque sia – lo sappiano o non lo sappiano – il risultato non cambia: nel primo caso è male, nel secondo è peggio.
Aggiornato il 11 febbraio 2021 alle ore 09:35