M5s: a Matera l’ultima trincea

Non vi è dubbio che la città lucana sia un traguardo da raggiungere per i partiti che stanno lottando nel ballottaggio di domenica e lunedì. È tuttavia un importante traguardo da tagliare, per primi, dai pentastellati, anche e soprattutto perché è in quella città che giocano l’ultima partita dopo le sconfitte nel resto del Paese.

Anche a Matera, al di là dell’impegno e dei programmi amministrativi, il Movimento 5 Stelle sventola la vittoria del sì al referendum, ma si capisce che lo sbandieramento è un’arma spuntata sia per il pessimo risultato ottenuto alle Regionali sia per la compresenza al loro fianco di un Partito Democratico che è stato compartecipe in quella gara ormai lontanissima. L’ironia della sorte, tuttavia, vuole che quello Zingaretti uscito non male dall’appuntamento nelle Regioni e nonostante il volutamente mancato e respinto appoggio pentastellato, abbia, lui sì volutamente, offerto il proprio al candidato a sindaco grillino ben conscio, tuttavia, che non mancano mugugni e musi lunghi nel suo Pd. Come finirà lo sapremo fra tre giorni e vedremo se le continue apparizioni di Luigi Di Maio a Matera saranno state un buon viatico per il suo candidato. Di Maio, uomo del sud, freme nell’attesa.

Il disastro regionale grillino è frutto di una politica non solo sbagliata ma assurda, dei cui errori sembra che proprio il ministro degli Esteri si stia accorgendo ora, con un ritardo probabilmente incolmabile ma indicativo di una parziale presa di coscienza, né più né meno che della realtà.

L’andata al governo è un motivo non secondario di una presa d’atto, come è il caso di dire realista, e non è casuale che il caos nel M5s abbia radici e sviluppi in correnti a favore e contro quell’andata e il cui frutto principale e velenoso, a sentire Alessandro Di Battista, è la trasformazione di un Movimento già rivoluzionario in una copia dell’Udeur. E siano leciti non pochi dubbi sul fatto che si tratti di una brutta copia.

Come si suol dire – ed è più che ovvio – il problema di fondo dei pentastellati è politico non tanto o non soltanto per quella furiosa e indegna campagna antipolitica e anticasta condotta per anni – nobilitata persino da un libro del quale hanno fatto un vangelo (con tanti altri, beninteso) – ma per l’inevitabile confluenza di ciò che resterà di quel Movimento nel fiume di una Polis che da sempre ha visto la forma e la sostanza dei partiti come unici e veri naviganti. Tertium non datur giacché le usanze a dir poco distruttive e sbrindellate del M5s, coi suoi luoghi comuni più insulsi (dei quali Di Maio e gli altri sono stati i compiaciuti attori), hanno condotto i grillini in una condizione di perdenti e in una situazione interna di totale sfascio la cui unica cura solo la politica può apprestare. E la politica, da che mondo è mondo, si identifica nei partiti come strumenti di consenso e di partecipazione sul principio che chi ottiene più voti vince e governa. Altro che democrazia diretta tramite Rousseau. Altro che annullamento del Parlamento.

Si vuol dire, in sostanza, che la via per uscire dal caos non può che essere quella di una trasformazione esattamente alla rovescia del movimentismo caro a Beppe Grillo, Casaleggio, Di Battista, Bonafede e col beneplacito di un Rousseau tuttofare e votare, e che soltanto se il M5s riuscirà in questa operazione in corso d’opera, a diventare cioè un partito come gli altri, salverà ciò che ne resta. Il fatto è che si tratta di un nuovo cammino nel quale occorrerebbero tonnellate di cenere da spargere sulle teste, a cominciare da un Di Maio che, lungi dal chiedere scusa per gli errori commessi, ne sta continuamente facendo con la gestione di una politica estera nella quale i giri di valzer ne costituiscono un marchio di fabbrica, ed emblematici sono quei giri a favore della “via della Seta”, non sfuggiti a un visitatore come Mike Pompeo, nonché le infruttuose visite in Libia e che dire del bla-bla-bla a Bruxelles, e via enunciando tanto che da parte di molti osservatori si parla di una letterale scomparsa di una politica estera italiana degna di questo nome.

Questo ci preoccupa, ma dovrebbe preoccupare molto di più Nicola Zingaretti, che sta correndo in aiuto dei grillini in quel di Matera.

 

Aggiornato il 03 ottobre 2020 alle ore 10:54