
Intervistato ad Omnibus, David Ermini, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, ha risposto a numerose domande, cercando in ogni modo di prendere le distanze da Luca Palamara e dagli altri consiglieri finiti nel mirino. Ciò è del tutto comprensibile, dal momento che anche Ermini tiene famiglia e perciò cerca di salvare il salvabile.
Tuttavia, a parte il fatto che alcune delle domande che gli venivano poste erano mal-poste (si pensi a quando la conduttrice accenna a Cosimo Ferri quale membro laico del Csm e lui, invece di precisare che Ferri è un magistrato, continua tranquillamente a rispondere come nulla fosse, distorcendo con ciò la realtà e il senso stesso della risposta), Ermini è stato invitato a commentare l’ormai celebre scambio di battute intercorso fra Luca Palamara e Paolo Auriemma, procuratore di Viterbo.
Lo ricordo per i lettori. I due magistrati parlano della iniziativa assunta dal procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, nei confronti di Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona per il caso della nave carica di migranti. Auriemma afferma che l’iniziativa è priva di fondamento e che la posizione di chi parteggia per la Procura è addirittura “indifendibile”; Palamara gli dà pienamente ragione, ma aggiunge che Salvini si deve comunque attaccare.
Ebbene, invitato a commentare questo scambio di battute, Ermini afferma che Salvini ha ragione in quanto i magistrati non dovrebbero parlare di politica o porsi in prospettiva politica, neppure in privato.
Tutto qui? Tutto qui. Ma basta per capire che Ermini non ha capito quasi nulla e che comunque ha preso un duplice abbaglio, il primo per aver detto una cosa priva di senso e il secondo per non aver detto la sola cosa che, il senso, lo avrebbe avuto.
Il primo abbaglio sta nella convinzione da lui espressa secondo cui i magistrati non dovrebbero parlare di politica neppure in privato, dovrebbero evitare di commentare i fatti politici come quelli relativi a Salvini.
Domando: e perché mai? Forse che i magistrati siano esseri acerebrati, incapaci di pensare, di comprendere le vicende politiche? Oppure siano privi dei diritti politici e civili, quasi fossero cittadini di serie B? Oppure, addirittura, posti fuori dal contesto politico, per qualche misteriosa ragione?
Mi risulta che così non sia, ovviamente. I magistrati sono cittadini a pieno titolo (ci mancherebbe altro!) e per di più dotati di una capacità di comprensione dei fatti politici ed istituzionali maggiore degli altri, a motivo della professione svolta.
Essi capiscono infatti dal di dentro e non in modo epidermico, come accade ad altri, il funzionamento dei meccanismi istituzionali e gli snodi politici che li riguardano e perciò godono del diritto pieno ed anzi pienissimo di parlarne non solo in privato ma anche in pubblico.
Sarebbe il caso di ricordare che la nostra Costituzione prevede una cosa che si chiama “diritto di manifestazione del pensiero” garantito nei confronti di tutti, in privato e in pubblico e che questo diritto esiste naturalmente anche in capo ai magistrati: ritenere il contrario è dire cosa priva di senso.
Il secondo abbaglio consiste invece nel fatto che le conclusioni alle quali giungono Auriemma e Palamara non manifestano un sapore genericamente politico, ma indicano una precisa dinamica da seguire: andare contro Salvini a qualunque costo, anche dopo aver riconosciuto che Salvini ha ragione. Ed è ciò che Ermini ha mancato clamorosamente di individuare e che tuttavia rimane inconcepibile per chiunque.
Si consideri bene la gravità del senso di queste battute: abbiamo due magistrati che affermano sia politicamente necessario andare contro un ministro al quale però riconoscono di aver ragione.
Se ne cavano alcune conseguenze.
La prima. I due magistrati sono consapevoli della infondatezza in chiave giuridica dell’accusa di sequestro di persona mossa a carico di Salvini.
La seconda. Fanno intendere che tale consapevolezza è diffusa non solo fra gli stessi magistrati, ma anche nell’opinione pubblica: per questo qualificano tale accusa come “indifendibile”.
La terza. Nonostante essi sappiano che Salvini sia nel giusto, concordano sulla necessità di andargli contro.
La quarta. Sanno bene che questo andargli contro si concretizza in un procedimento penale, ma a loro sta bene così.
E allora? E allora, nulla! Che volete che sia?
Ed Ermini? Ermini tace.
Aggiornato il 12 giugno 2020 alle ore 09:29