Le terribili verità di Palamara

E così finalmente Luca Palamara ha parlato in televisione, nel programma domenicale condotto da Massimo Giletti. Molti attendevano questa intervista, per varie ragioni. Non ha fatto rivelazioni particolari, ma ha detto poche cose che vanno rilevate.

La prima. Palamara ha affermato di non aver inventato lui le correnti. Ha perfettamente ragione. Le correnti esistono da molti decenni e lui è abbastanza giovane, appena cinquantenne. Ed esisteranno ancora, dopo di lui e dopo di noi, perché i magistrati purtroppo non sanno farne a meno e perché il Governo non avrà il coraggio di scioglierle, per non urtarne troppo la sensibilità.

Tuttavia, l’indicazione di Palamara è significativa, in quanto conferma, per chi ancora nutrisse dubbi in proposito, che le correnti comandano e che lui svolgeva il ruolo necessario di mediatore fra i vari interessi e le diverse esigenze. In passato, tale compito era svolto da altro magistrato ed altro ancora lo svolgerà in futuro.

La seconda cosa. Per giustificare le parole da lui pronunciate a proposito dell’accusa di sequestro mossa a Matteo Salvini dalla Procura di Agrigento, secondo le quali Salvini aveva ragione, ma egualmente doveva essere perseguito, Palamara ha confermato ciò che già si sapeva, ma che comunque è utile ribadire: e cioè che, in tema di immigrazione, non bisognava urtare la suscettibilità delle correnti dei magistrati, politicamente contrari alla strategia della Lega sul punto. Ci viene detto in questo modo che le correnti e la loro continua dialettica sono depositarie di istanze politiche di vario genere che i magistrati trasferiscono poi nei loro provvedimenti, come accade infatti nel caso degli immigrati. In questo caso, Palamara dice che bisognava comunque andare contro Salvini perché egli era portatore di una politica non accettata dai magistrati.

Il fatto è che, nel dirlo, egli non mostra alcuna sorpresa o imbarazzo, come si trattasse del fenomeno più ovvio e normale del mondo. Sorpresa e imbarazzo estremi, invece, penso li abbia provati chi lo ascoltava, per il semplice motivo che Palamara ci stava dicendo, per scusare se stesso dall’aver usato parole gravi verso Salvini, che non si trattava di un’acrimonia personale, ma di farsi carico dell’avversione politica delle correnti.

Insomma, per scusarsi di un fatto grave, Palamara ne evidenziava uno ancora più grave, e cioè che le correnti, a seconda dei casi, osteggiano o favoriscono le posizioni del Governo: i magistrati come ultima istanza della realizzazione o della non realizzazione di un progetto politico.

La terza cosa. Palamara ha detto che i politici di professione non influenzano quasi per nulla le decisioni del Consiglio superiore della magistratura.

Sfido: non se ne sente alcun bisogno, perché la contesa politica nasce all’interno delle correnti, finalmente libere della ipoteca dei partiti. Da qui l’assurdità del divieto delle cosiddette “porte girevoli”, vero specchietto delle allodole di cui si serve Alfonso Bonafede per pura propaganda demagogica, quasi che oggi i partiti politici fossero in grado di influenzare la magistratura. È invece vero che essa si auto-influenza da se stessa – come ha dimostrato Palamara – e che perciò non occorre vietare alcuna porta girevole, perché oggi nessuno ne sente il bisogno: casomai avrebbe avuto un senso porre il divieto di tornare ad indossare la toga per chi fosse stato parlamentare di un partito, negli anni Ottanta e Novanta, quando appunto frequenti e rilevanti erano questi passaggi.

Oggi i partiti in senso forte sono evaporati e le correnti si regolano politicamente da sé, senza bisogno di riferimenti esterni. Quale quadro emerge dunque dall’insieme di queste strabilianti affermazioni, di queste terribili verità?

Da mettersi le mani nei capelli: per ora preferisco non dire altro.

Aggiornato il 03 giugno 2020 alle ore 11:16