Un decreto celebrativo della burocrazia

Dopo lunga gestazione, il Governo ha finalmente partorito il decreto che in teoria dovrebbe salvare l’Italia dal tracollo economico. Anzi, non proprio. Infatti, dopo tre giorni dalla sua presentazione, il testo del decreto non appare ancora sulla Gazzetta Ufficiale, evidentemente perché sono ancora necessari vari aggiustamenti. In realtà, siamo di fronte ad una situazione del tutto assurda e che dovrebbe far vergognare molte persone. Vediamo chi e perché.

Il Governo, attraverso questo decreto, ha sfornato oltre tre chili di carta, lunga per quasi 500 pagine e per centinaia di articoli: una follia solo a pensarla, prima che a farla.

L’intero Governo si dovrebbe perciò vergognare per aver soltanto immaginato questa cosa pazzesca. Chi sarà in grado di capirci qualcosa se non dopo giorni di inutile scervellamento?

Si dovrebbero vergognare i burocrati ministeriali, che per questa mostruosità hanno offerto la propria opera. Si dovrebbero vergognare i consiglieri e i componenti dei gabinetti ministeriali, i quali, pur potendo fermare i ministri coinvolti, evitando la consumazione del misfatto, nulla hanno fatto in tal senso. Si dovrebbero vergognare i funzionari che hanno contribuito a tali assurdità, spacciandole per testi normativi.

Quali sono gli effetti nefandi di questa nuova decretazione? Ne cito solo alcuni.

Innanzitutto aver preteso di metter tutto dentro un solo decreto mostruosamente esteso, già di per sé, mostra la mentalità dei suoi redattori, una mentalità da bottegaio (con tutto il rispetto per i bottegai), il quale, come ben sanno le massaie, cerca di ficcar dentro in modo indiscriminato nella medesima gerla tutto ciò che si sia acquistato senza distinzione, anche allo scopo di risparmiare sui contenitori: cipolle, patate, melanzane, fragole, asparagi, ma anche formaggio, olive, salami, ecc..

Ora, finché si tratti di merce di tal tipo, santa pazienza: non se invece si tratti di attività normativa e, per giunta, di tale importanza.

Sarebbe stato logico invece di sfornare un unico e mostruoso testo, redigere una dozzina di diversi decreti, ciascuno unificato dallo stesso oggetto. Così, uno, per esempio, per le agevolazioni fiscali, uno per il fondo perduto alle imprese, uno per quello ai professionisti e via dicendo: avremmo avuto più decreti certamente, ma comprensibili e maneggevoli.

Invece ne abbiamo uno soltanto incomprensibile e mostruoso solo a guardarlo, senza leggerlo. Forse il Governo ha preferito questa strada assurda per esigere poi dal Parlamento una sola conversione in legge, dopo averlo del tutto tacitato attraverso il voto di fiducia? Probabile: tanto il Parlamento svolge ormai una funzione soltanto decorativa, essendo stato espropriato delle sue funzioni.

In secondo luogo, il Governo, attraverso questo decreto, ha innalzato un inno di (vana)gloria alla più mostruosa e tentacolare delle burocrazie: quella che germinando nei ministeri, si ramifica verso gli enti statali e parastatali donando il proprio frutto avvelenato agli uffici periferici, ovviamente a danno di tutti noi.

Infatti, senza aver bisogno di leggerne il testo, si capisce subito (dal modo di preparazione e dalla mole spropositata del testo) che questo decreto rappresenta l’apoteosi della più raffinata burocrazia.

I burocrati ministeriali hanno confezionato un testo zeppo di contorsionismi, di rinvii, di rimandi, tendenzialmente impossibile da capire e ciò allo scopo specifico di perpetuare la propria indispensabile presenza, il proprio ruolo di insostituibile apprendista stregone, ai cui improbabili alambicchi son costretti ad attingere inermi gli stessi ministri e sottosegretari.

Da ciò derivano almeno due conseguenze.

Per un verso, si rafforza la medesima fonte burocratica da cui il testo ha avuto origine, attraverso la prossima e scontata emanazione di un numero imprecisato di circolari pseudo-interpretative, che poi avranno bisogno di successive interpretazioni e che innescheranno in modo inevitabile alterchi giuridici, incertezze, lunghe stasi. Sarà poi necessario emanare decreti di attuazione numerosi ed inevitabilmente prolissi e fonte di nuove ed inaspettate attese e di imprevedibili effetti.

Per altro verso, la tendenziale assoluta impraticabilità delle previsioni del decreto produrrà la inevitabile crescita e il consolidamento della burocrazia periferica, nel cui ambito i funzionari locali potranno comportarsi da piccoli ras, depositari di un potere enorme e burocraticamente insindacabile e che potrà perfino evitare la applicazione della legge.

Dobbiamo infatti riconoscere che nel turbine delirante ed incessante di incertezze e interpretazioni, alla fine si farà ciò che l’ultimo anello della catena burocratica vorrà che si faccia: e questo a prescindere dal dettato della legge, che resterà astratto, lontano, inefficace, imperscrutabile.

Insomma, l’esatto contrario dello Stato di diritto. Da noi non vige alcuna legge, per il semplice motivo che nessuno si cura di debellare la burocrazia nei termini approssimativi sopra descritti. La sola legge ormai è il volere puramente potestativo di questo mostro voracissimo e che sembra immortale.

Aggiornato il 18 maggio 2020 alle ore 10:20