Un decreto per la ripresa o dell’assalto alla diligenza?

Il repetita iuvant veniva spesso consigliato dai nostri progenitori latini quando i contesti di analisi richiedevano non solo ulteriori precisazioni ma la necessità razionale di una ripetizione del già detto o pensato. A maggior ragione questo invito calza a pennello in riferimento all’ultima “fatica”(centinaia di pagine con centinaia di articoli) di Giuseppe Conte, che dipinge alla perfezione il quadro di riferimento della sua maggioranza.

In effetti il decreto è, nelle sue linee di fondo, la risposta più che del Paese, alle attese dei due partiti che dopo la fase dell’uno contro tutti sono tranquillamente passati all’uno (governo) per tutti e due con un Premier che, con altrettanta noncuranza, si è traferito da Matteo Salvini a Nicola Zingaretti. Pretendere ora che da simili giravolte potessero derivare programmi e progetti di largo respiro corrispondenti al bisogno di interventi autenticamente innovatori e rinnovatori, sarebbe del tutto vano per quella contraddizione che non consente ma che ricompensa i due apparati intrecciati da una forte ideologia, quella della conservazione del potere.

Non è necessaria una laurea in scienze politiche per un giudizio esaustivo su quei Cinque Stelle che avevano giurato e promesso un ribaltone del vecchio stato delle cose con un teatrino di guitti capaci solo di pura propaganda. In realtà, e detto così, terra terra, i pentastellati sono a tutti gli effetti i rappresentanti dei ceti parassitari, specialmente del centro-sud.

D’altra parte, anche uno studente delle medie non deve fare molta fatica a prendere atto che la constituency del Partito Democratico si trova soprattutto nel pubblico impiego, mentre Leu è marginale e Matteo Renzi fa il Gian Burrasca per disturbare il guidatore.

Da ciò gli avvertimenti assai preoccupati per quell’assalto alla diligenza che si sta profilando insieme ai rischi di un assistenzialismo dove la mano dello Stato, se non mirata alle vere necessità, farà dello statalismo, che tanto piace al Movimento 5 Stelle, un toccasana che ostacolerà qualsiasi spinta modernizzante e riformatrice, ma funzionale alle due “ideologie” di cui sopra.

In questo panorama non esaltante si levano le forti critiche del mondo delle imprese e del commercio che denunciano un insieme di scelte e di indirizzi insite in un decreto che non si pone in sintonia con ciò che realmente accade nella vita quotidiana oltre che nel mondo della produzione, e in quanto tale incapace di far ripartire un Paese sempre più vittima di una burocrazia opprimente di ogni sviluppo, mentre è pronto da sfogliare il libro delle clientele.

Aggiornato il 19 maggio 2020 alle ore 10:57