
Ognuno faccia la sua parte. Fino ad ora il Paese ha rispettato senza resistenze e riottosità di sorta tutte le disposizioni che gli sono state imposte. E ha fornito una dimostrazione di grande senso di responsabilità e di tenuta a cui ben pochi credevano al momento dell’apparizione della pandemia. Ma ora è arrivato il momento che la classe politica al governo rispetti le infinite promesse lanciate nei momenti più difficili anche per incentivare i comportamenti virtuosi della popolazione e svolga al meglio quell’azione di guida che dovrebbe rappresentare la sua unica preoccupazione ed attività.
Tutti sanno che le differenziazioni identitarie presenti nella maggioranza governativa rendono complicato e difficile questo compito. Il Presidente del Consiglio, così come quelli della Prima Repubblica, è condannato a svolgere una costante azione di mediazione tra i diversi partiti della propria coalizione e spesso fatica ad imporre qualche utile compromesso.
Ma tali difficoltà non giustificano affatto l’immobilismo. Perché mentre la politica litiga, il Paese rischia l’affondamento e se la politica non riesce a superare le proprie contraddizioni non è certo il Paese a dover cambiare ma si rende indispensabile incominciare a ragionare su come trasformare la politica.
Su questo punto sarebbe necessario un gesto chiarificatore del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, auspicabilmente sostenuto e avallato dal Presidente della Repubblica.
Conte non è in grado di reggere il timone governativo in questa fase procellosa? Compia un atto di responsabilità e si tolga di mezzo lasciando al Quirinale il compito di indirizzare la inevitabile crisi verso un qualche sbocco positivo. Ma nel frattempo acceleri al massimo il varo del decreto sulla ripresa. Scriverlo non dovrebbe essere una impresa disperata. Se invece lo fosse, ciò costituirebbe la prova definitiva della totale inadeguatezza dell’esecutivo. Al governo resta dunque un unico compito da eseguire: fare un definitivo passo indietro e dimettersi.
Che, ai sacrifici degli italiani, per una volta, si aggiungano quelli ben più doverosi della sua classe politica. In nome del principio per cui il posto degli incompetenti non è il governo ma le loro accoglienti case. Dove, ad emergenza ormai in flessione, li invitiamo a restare.
Aggiornato il 13 maggio 2020 alle ore 12:36