Scarcerazioni facili e non facili

Nella gazzarra pubblica che da settimane occupa i giornali e le televisioni in relazione alle scarcerazioni di centinaia di detenuti, occorre prima di tutto fare chiarezza in punto di fatto.

In breve, occorre precisare che dei 376 scarcerati, 196 erano soltanto in attesa di giudizio e che di questi oltre la metà non aveva ancora ottenuto neppure la sentenza di primo grado.

Si noti allora intanto che per questi 196 non si trattava di detenuti già sanzionati quali colpevoli, ma di presunti innocenti ancora in attesa di sentenza definitiva e perciò mettiamoli fuori da ogni polemica, fosse pure soltanto per una pura ragione di civiltà e di decoro. Dei rimanenti 180 scarcerati, ebbene soltanto 3 – dico 3 – si trovavano a scontare la pena al regime del 41-bis destinato ai mafiosi molto pericolosi.

Tuttavia, si è imbastita una enorme caciara ipotizzando che gli scarcerati fossero tutti o quasi altamente pericolosi già al 41-bis: così non è e non è mai stato. I rimanenti 177 erano detenuti non al 41-bis ma in regime di sicurezza speciale, come dire che trattavasi di detenuti di pericolosità media e non certo elevata come quelli invece detenuti al 41-bis. I detenuti in questo grado di sicurezza sono complessivamente in Italia circa 9mila. Ne viene che gli scarcerati rappresentano meno del 2 per cento di tutti costoro. Di questo parliamo e non di altro.

Ma occorrono altre precisazioni. In particolare, a scarcerare i primi 196 sono stati non i magistrati di sorveglianza ma i giudici di merito, per motivi strettamente sanitari. Inoltre, se i magistrati di sorveglianza sono stati gli autori delle altre scarcerazioni, è del tutto evidente lo abbiano fatto in base alle norme vigenti e non certo per capriccio, e anche qui per pure ragioni di salute.

Se il nostro è uno Stato di diritto – almeno così si suole affermare – è anche perché il bene della salute è ritenuto prevalente su altri beni, pur meritevoli di tutela, quali la sicurezza pubblica. Può non piacere, ma è così.

Inoltre, il ruolo del Dap in queste scarcerazioni è marginale, per il semplice motivo che è impossibile immaginare che esso potesse trovare 180 posti utilizzabili presso strutture sanitarie adeguatamente protette per gli altri scarcerati: il tutto ovviamente nell’arco di due o tre settimane. Per questa ragione, la eventuale responsabilità del capo del Dap è a dir poco evanescente.

E ancora, c’è da credere che i magistrati di sorveglianza fossero abbastanza consapevoli di una tale funzione marginale e che per questo non abbiano sofferto remore particolari assumendo i provvedimenti di scarcerazione.

Adesso, il governo emana decreti per riesaminare le posizioni degli scarcerati, esigendo periodiche e ravvicinate revisioni delle singole scarcerazioni. I magistrati di sorveglianza ne subiranno un enorme carico di lavoro che facilmente si può ipotizzare condurrà a ben poche revoche fra quelle adottate. Scommetto.

Aggiornato il 11 maggio 2020 alle ore 10:48