
La Sindrome di Stoccolma è una motivazione sicuramente valida per giustificare la conversione all’Islam di Silvia Romano e per escludere ogni forma di polemica su una vicenda segnata anche dal pagamento di un riscatto che costituisce un’importante fonte di finanziamento per i gruppi terroristici islamisti. Ma limitarsi alle questioni marginali della vicenda sarebbe profondamente sbagliato. Perché il vero e più profondo interrogativo che va posto riguarda l’indiscutibile capacità attrattiva che l’Islam esercita nei confronti di alcune frange delle giovani generazioni cristiane del mondo occidentale.
L’interrogativo non è di natura religiosa, ma esclusivamente politica. Perché anche a voler negare l’esistenza di una guerra di civiltà tra mondo occidentale cristiano e sud del Pianeta islamizzato non si può non prendere atto, proprio quando si verificano vicende come quelle di Silvia Romano, che la conflittualità esiste e se dovesse continuare ed essere ignorata non potrebbe che ingigantirsi, come le vicende libiche insegnano abbondantemente.
Alle giovani generazioni cristiane occidentali è stato instillato nel corso del secondo dopoguerra un gigantesco complesso di colpa nei confronti delle popolazioni un tempo colonizzate che non produce solo solidarietà attiva nei loro confronti attraverso la cooperazione internazionale ma si traduce in consenso ed adesione alle loro battaglie contro lo sfruttamento capitalistico operato da un Occidente perennemente predatore e disumano anche se frutto della sensibilità e della cultura cristiane.
Nessuno può negare l’esistenza di antichi e nuovi sfruttamenti. Ma se la Chiesa può permettersi le conversioni da sensi di colpa, gli Stati hanno l’obbligo di operare sulla base non dei sentimenti ma del realismo. Il tema, per noi, si pone, con il caso Libia. Paese che è diventato un centro di eversione internazionale e che minaccia di espandere i propri virus di illegalità e di terrorismo in tutta l’area mediterranea.
In questa luce la vicenda Romano va inquadrata come un atto di ostilità nei confronti del nostro Paese, a cui ne seguiranno altri come l’invio di nuove ondate migratorie per strappare al meglio condizioni di favore.
Aggiornato il 12 maggio 2020 alle ore 10:31