venerdì 8 maggio 2020
L’avversario ostile ed implacabile dell’aspirante imprenditore non è il potenziale concorrente, ma il teorico protettore: lo Stato, ovvero, in senso ampio e generale, quegli uffici e funzionari pubblici ai quali una legislazione più che improvvida e scoordinata affida il discrezionale rilascio di nullaosta, licenze, concessioni, autorizzazioni, benestare, visti, permessi, attestati, e consimili diavolerie burocratiche.
Orbene, queste autentiche vessazioni sono il frutto velenoso delle migliori intenzioni dei legislatori, che però sono afflitti, inconsapevolmente, come i portatori sani di una malattia, dal terribile morbo della “dissociazione normativa”. Di che si tratta? Non è difficile spiegare in breve la patologia. Ogni atto legislativo è stimolato dalla necessità o dall’impazienza d’intervenire. I parlamentari trovano facile e producente presentare progetti di legge ed emendamenti su tutto l’universo umano, animale, vegetale, minerale. Ogni rappresentante, per effetto dell’elezione, si convince d’essere stato chiamato a risolvere od alleviare qualche male del mondo. Invece di passare i cinque anni a ringraziare Dio della fortuna capitatagli, smania dalla voglia di fare: un fare che egli identifica, a torto, nel legiferare. E, poiché i suoi numerosi colleghi sono squassati dalla medesima febbre, tutti concorrono, per imitazione gli uni degli altri, a far piegare le travi del Parlamento sotto l’immane peso di queste loro iniziative di carta. Purtroppo, fin troppe di esse finiscono per tramutarsi in leggi con articoli e commi. Al momento di votare la legge, nessuno sa, né il governo né i premurosi parlamentari, quali e quanti adempimenti le leggi precedenti, che non sono solo statali, ma anche regionali se non, in certi casi, addirittura provinciali, e le regole prescrittive di altre autorità hanno già caricato sulle spalle del cittadino, sicché questi, per effetto di tale dissociazione e della sollecitudine di legislatori siffattamente benintenzionati, si trova alla fine schiacciato da centinaia di obblighi e imprigionato da mille divieti. Alla dissociazione normativa dei rappresentanti non manca di aggiungersi la schizofrenia dei rappresentati che, mentre lamentano di non poter correre a briglia sciolta, chiedono di serrare le gambe degli altri mediante ben robuste pastoie.
Gli uomini liberi e liberali non smettano di denunciare a squarciagola il paradosso gigantesco e l’abissale ipocrisia dei governanti, intesi in senso ampio, che, avendo il potere di recidere il nodo gordiano della burocrazia, contro di essa inveiscono soltanto, come impotenti eunuchi.
di Pietro Di Muccio de Quattro