La grande depressione e l’evasione

In queste ore, alcuni esponenti politici della sinistra di governo sono tornati sul tema dellevasione fiscale. Il loro pensiero è sostanzialmente questo: la depressione economica, pur scoppiata con lepidemia, è figlia anche dellevasione perché, senza di essa, lo Stato si sarebbe trovato sulle spalle un debito più contenuto. Fin da adesso, quindi, avrebbe potuto iniettare nel sistema maggiore liquidità e avrebbe potuto contenere la crisi usando il fieno messo in cascina nei decenni passati.

Questo ragionamento è suggestivo, ma è sbagliato e fuorviante. Fuorviante perché imbastito a bella posta al doppio scopo di distogliere lattenzione dellopinione pubblica dalla pochezza dei provvedimenti governativi e dai temi più profondi e impopolari, ad iniziare dal modello di spesa proprio del welfare state. Modello sul quale, volenti o nolenti, dovremo tornare a riflettere senza “se” e senza “ma”, prima che ce lo impongano dallesterno. E discutere della spesa, specie assistenziale, significa toccare il cuore ideologico della sinistra, compresa quella che più recentemente ha indossato i panni a stelle gialle.

Ma è anche sbagliato. Anzitutto, lo è perché asserisce, ma non dimostra, che una minore evasione avrebbe comportato un minor debito. Probabilmente, invece, se si esamina con attenzione l’andamento e la qualità della spesa degli ultimi quarantanni, il debito avrebbe ugualmente raggiunto cifre da capogiro. Nella logica delleconomia sociale, com’è stata e continua ad essere la nostra, una parte consistente dello sviluppo passa giocoforza dalla spesa. Dunque, il maggior fieno messo in cascina con l’obbedienza fiscale sarebbe andato, dritto dritto, ad ingrassare la già grassa mucca del debito e della spesa improduttiva.

Vi è un altro motivo che dimostra la fallacia del ragionamento. Levasione è un fenomeno complesso, che per essere arginato efficacemente esige che la dimensione della legalità, sulla quale galleggia tutta la problematica dellevasione, venga analizzata nei suoi molteplici aspetti. E quindi, come metro di condanna o di approvazione, valga per tutti i soggetti del rapporto dimposta, compreso lo Stato.

La legalità ha due facce. La prima, quella che normalmente fa presa sullopinione pubblica, riguarda i cittadini e attiene al rispetto da loro dovuto agli “ordini” di legge. Riflette il pactum subiectionis che li lega allo stato in un rapporto di potere: i cittadini sono soggetti “al” patto. La legalità, però, ha anche unaltra faccia, ugualmente fondamentale affinché quegli “ordini” siano condivisi, accettati e rispettati. È la faccia dello Stato come soggetto del” patto.

Provo a spiegarmi meglio. Esaminata in relazione ai comportamenti del contribuente, l’evasione non si può ridurre, puramente e semplicemente, a un moto di ribellione, sol per questo giustificabile; sarebbe sbagliato fare un discorso così semplicistico. Su questo è bene essere chiari, ma è bene essere chiari anche sulla “slealtà del legislatore”, come scrissero Luigi Einaudi e Piero Calamandrei. Sarebbe intellettualmente disonesto sottacere lesosità della pressione fiscale, lincomprensibilità delle norme, loppressione degli adempimenti, lossificazione burocratica, il giustizialismo forcaiolo, l’irrazionalità di alcune pretese. Fatti che, accompagnati al diffuso sperpero del denaro e a servizi talvolta di bassa qualità, finiscono per sollecitare levasione.

Daltra parte, le neuroscienze applicate alleconomia ormai dimostrano con le evidenze di laboratorio come fatti di questo genere inducano alla disapprovazione, al rifiuto e infine alla disobbedienza.

Queste scoperte convincono ulteriormente dellesigenza di cambiare alla radice il sistema. Di dare avvio a una vera e propria rivoluzione che porti lItalia ad avere finalmente un fisco semplice, equo e pungolo delleconomia, in sostituzione di un fisco complicato, iniquo, costosissimo per tutti, compreso lo stato, freno per lo sviluppo e serbatoio di spese improduttive. È molto probabile che cambiando il paradigma della finanza pubblica – tributi e spesa – anche levasione, pian piano, possa diminuire strutturalmente. E si possa finalmente “crescere in equità” (se si vuole, Giovannini, Crescere in equità, FrancoAngeli editore).

Probabilmente Luigi Einaudi ha ancora ragione: “La frode fiscale non potrà essere davvero considerata alla stregua degli altri reati finché le leggi tributarie rimarranno, quali sono, vessatorie e pesantissime e finché le sottili arti della frode rimarranno lunica arma di difesa del contribuente contro le esorbitanze del fisco”.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 04 maggio 2020 alle ore 10:55