
Ma questi decreti amministrativi che Giuseppe Conte sforna a getto continuo chi li scrive materialmente? Chi sarà mai lo scrivano notturno che faticherà durante le ore destinate al sonno per mettere sulla carta le disposizioni del capo del governo? Non è facile identificarlo, ma una cosa si può dire con adeguata certezza: la circostanza che Conte comunichi a reti unificate le sue deliberazioni verso le 20, cioè verso l’ora di cena, obbliga l’ignoto scrivano a mettere nero su bianco verso le ore piccole e da qui forse, per stanchezza, gli strafalcioni.
Uno su tutti e di cui oggi molti parlano, riferito al termine “congiunto”, cioè a quel Tizio che sarebbe possibile visitare subito dopo il 4 di maggio. Il decreto non parla di parenti, di coniugi, benché separati, di affini (cioè i parenti del coniuge), di germani o di consanguinei, tutti termini che sono giuridicamente significativi e che avrebbero permesso – anche attraverso la determinazione del grado di parentela – una individuazione certa delle persone che sarebbe stato possibile incontrare senza problemi. No. Troppo facile. Meglio usare un termine non giuridico e spiazzante in quanto di spiccato carattere sociologico: appunto, congiunto.
Ebbene, chi sarebbe questo congiunto? Ipotizzando che congiunti siano già per definizione parenti, coniugi ed affini, congiunto dovrebbe essere qualcuno che, pur non essendo nulla di tutto quello che precede, tuttavia sarebbe a noi legato da un qualche vincolo “di congiunzione”. E allora chi, di grazia? Un fidanzato? Un convivente? E poi: che tipo di fidanzato o di convivente? Infatti, non tutti i fidanzati e non tutte le fidanzate sono eguali. Ci sono i fidanzamenti stabili – ci dice la presidenza del Consiglio – e quelli instabili: ringraziamo per l’informazione. Benissimo. Quali sono i primi e quali i secondi? E quando un fidanzamento può definirsi stabile? Dopo un mese? Dopo un anno? E a partire da quando? Dalla dichiarazione di uno dei due? O dal primo bacio? E poi come si fa a determinare con esattezza il momento iniziale, al fine di chiarire se si tatti di un fidanzamento stabile o non stabile? E se due fidanzati stabili invece litigano non sarebbero più stabili?
E se il litigio, a sua volta, fosse poco stabilizzato, indirizzandoli verso una riappacificazione, tornerebbero ad essere stabili? O no? E cosa dovrebbero fare carabinieri e personale di controllo di fronte a queste evenienze, se non cercare di non impazzire del tutto? E due amici – eterosessuali – se legati da sincero e virile affetto pluridecennale non potrebbero forse definirsi congiunti? E in caso negativo, perché no? Non son forse essi ancor più legati – congiunti – di quanto possano esserlo due fidanzati qualunque, magari in perenne litigio e perciò a lor modo poco o niente affatto congiunti, perché non stabili? Vogliamo investire la Corte di Cassazione – che evidentemente non ha altro da fare – di questa sottile disputa ermeneutica? Tutte, evidentemente, domande surreali che non meriterebbero un minuto di tempo di attenzione, ma necessarie per sciogliere gli enigmi inesplicabili che il decreto di Conte sollecita.
Ma tutte domande senza risposta o, se si vuole, a risposta multipla, che è come dire destinate alla inutilità presente e futura. Per queste ragioni, viene spontanea la domanda su Conte, con tutto il rispetto. È lui che detta queste parole, così lontane dal normale lessico del giurista? O qualcun altro? Che abbia qui un qualche ruolo il suo impagabile portavoce – noto esperto di diritto – Rocco Casalino? E perché? E Conte, prima di licenziare un testo, se lo rilegge? O no? E non sa Conte che le norme giuridiche non possono mai – proprio per la loro natura indeterminata – dettare prescrizioni a partire dai sentimenti degli esseri umani? E che per questo – per esempio – le norme del codice civile sul matrimonio non una sola volta parlano di amore?
Le regole del Codice civile sul matrimonio disciplinano infatti la convivenza, l’assistenza, la prole, ma neppure per sbaglio mettono bocca sui reciproci sentimenti: questi non sono giuridificabili. Questo sapeva il legislatore del 1942. Ben altro fa quello odierno, che non capisce cose così semplici. Ancora una volta, allora, annoto, malinconicamente: ma non si poteva evitare questo Circo Barnum di surreali interpretazioni inutili e nocive? Si. Si poteva. Ma non si volle.
Aggiornato il 30 aprile 2020 alle ore 11:11