
L’Opinione fu tra i primi, se non il primo giornale a mettere nero su bianco l’abuso di potere che il Presidente del Consiglio aveva consumato firmando gli iniziali decreti – Dpcm – limitativi delle libertà individuali costituzionalmente garantite.
In un editoriale del 24 marzo (L’Opinione, Per il rispetto della Costituzione)) scrissi che solo la legge del Parlamento avrebbe potuto limitare, casomai, la libertà di movimento, quella di residenza, le libertà di lavoro e d’impresa e tutte le altre libertà garantite dalla Carta. E cercai, in quella sede, di esporre i motivi per i quali l’operato di Giuseppe Conte era senz’altro da criticare.
La violazione – o almeno la possibile violazione – dei princìpi costituzionali è stata successivamente posta in evidenza da esponenti delle forze di opposizione, da illustri costituzionalisti, ex presidenti della Corte costituzionale, giornalisti e finalmente, in queste ore, dopo il decreto sulla “fase 2”, anche da segretari di partito della coalizione governativa, in particolare da Matteo Renzi. Non così hanno fatto Luigi Di Maio, Vito Crimi e Nicola Zingaretti, il quale, anzi, ha difeso a spada tratta Giuseppe Conte, sostenendo la perfetta legittimità costituzionale del suo operato.
La questione non è solo giuridica, ça va sans dire. È politica, anzi è ideologica. Essa lambisce il corredo ideale di alcuni partiti, specialmente del Movimento 5 Stelle e di una parte della sinistra, che non credono nella libertà individuale come elemento costituivo della persona, indipendentemente dallo Stato. La libertà la professano a parole, con le bandiere nelle piazze o cantando “Bella Ciao” in ogni dove, come fosse l’inno nazionale. Ma quella vera, profonda, che caratterizza l’esercizio dei diritti individuali, ad iniziare da quelli personalissimi per finire a quelli d’impresa, non appartiene al loro corredo genetico. Non sanno essere liberali, non possono esserlo: l’idea centralista e “concessoria” che hanno dello Stato ottunde loro la visione perfino degli equilibri costituzionali tra i poteri dello stato.
Ecco, finalmente questi temi sono stati portati alla ribalta e dovranno, di riffa o di raffa, essere discussi nelle aule parlamentari e nei palazzi istituzionali. Ora si tratta di capire cosa farà non solo il Governo, ma anche il Presidente della Repubblica. È certo che da principale garante delle prerogative costituzionali saprà dare alla questione la migliore soluzione possibile.
(*) a.giovannini.it
Aggiornato il 30 aprile 2020 alle ore 09:43