
Grande commozione sui media per l’immagine di Sergio Mattarella che sale da solo i gradoni dell’Altare della Patria e celebra con la mascherina imposta dal coronavirus l’anniversario del 25 aprile.
Grande commozione per la cosiddetta potenza dell’immagine del Presidente della Repubblica, che senza il codazzo dei consueti accompagnatori rende omaggio al sacello del Milite Ignoto senza alcun cerimoniale ma obbedendo alle disposizioni (mascherine e niente assembramenti) che valgono per qualsiasi normale cittadino. Chi si è commosso ha esaltato la forza dell’immagine, così come aveva fatto per commentare la messa pasquale di Papa Francesco celebrata da solo nella Piazza San Pietro deserta e sotto la pioggia battente.
Prima del coronavirus nessun comunicatore si sarebbe mai sognato di puntare sull’estrema solitudine di un leader politico o religioso per sottolinearne la capacità di entrare in sintonia con la società di cui è espressione e rappresentante senza alcun contatto fisico con essa. Un Papa senza folla di fedeli ed un Presidente della Repubblica privo di corazzieri e dignitari non erano concepibili in quanto avrebbero espresso non sintonia con il proprio popolo ma separazione ed estraniamento dal popolo stesso.
Se questo è uno degli effetti della pandemia non c’è da esserne soddisfatti, perché l’unico modo per colmare il vuoto che l’immagine trasmette tra il leader ed il suo popolo è quello della retorica mediatica declinata in tutti i modi e le forme. Retorica che, però, colma solo in apparenza il vuoto ma che nella realtà rende questo vuoto sempre più ampio ed incolmabile.
Si può nutrire simpatia e comprensione per Francesco solo ed inzuppato di pioggia nel giorno di Pasqua e per Mattarella che deve obbedire al divieto di assembramento ed all’obbligo della mascherina. Ma la simpatia e la comprensione per le persone, soprattutto se esaltate allo spasimo da una retorica bolsa ed ossessiva, non rinforzano il legame tra i fedeli ed i cittadini con le istituzioni che il Pontefice ed il capo dello Stato rappresentano.
Se, dunque, l’effetto del coronavirus è l’aumento del vizio nazionale della retorica, bisogna alzare la guardia e denunciare la pericolosità del fenomeno. Perché la pandemia ha creato uno stato di insicurezza e di paura nella società. E questa condizione provoca un bisogno crescente di guide sicure autorevoli, in grado non di suscitare simpatia ma di dare tranquillità e serenità ai fedeli ed ai cittadini. Quella tranquillità e quella serenità che un governo incerto ed una comunità scientifica rissosa e confusa non sanno dare.
Nella storia i vuoti e le retoriche bolse fanno spuntare i demagoghi ed i falsi pastori!
Aggiornato il 28 aprile 2020 alle ore 10:01