
Con l’avvento del nuovissimo reato di epidemia colposa, si sono ridestate le campane a morto di quel leggendario circo mediatico che tanto tuonò e tanto piovve da annientare un’intera classe politica e partitica che aveva ricostruito l’Italia nel dopoguerra.
Oltre alla classe politica, con tutti i suoi torti ma anche con le sue virtù, un altro settore finì in una crisi destinata a durare, sullo sfondo di una sorta di nuova ideologia uscita vittoriosa da “Mani Pulite” che combinava gli effetti giustizialisti con gli apparati dei pubblici uffici in un insieme che ha fatto della burocrazia una ideologia prendendo il posto delle precedenti ideologie. Con la delega alla magistratura del compito di muoversi come supplente della politica.
La ricostruzione di cui si fa oggi un gran parlare imbandierandosi nel ricordo del Piano Marshall, ha a che fare con questa immane struttura che ha preso in mano la macchina dello Stato insieme alle procure e il risultato, a sentire noti giuristi e i commenti di Confindustria, “è stato il blocco dello sviluppo e la corsa dell’Italia verso gli ultimi posti della classifica tra le potenze industriali”.
Il miracolo economico contribuì alla rinascita del Paese, la stessa che ora, dopo la guerra scatenata dal virus, viene invocata emblematizzandola nella parola ricostruzione, che evoca di certo il miracolo di allora ma illudendosi della sua ripetizione sic et simpliciter, volutamente sorvolando sul fatto che quello economico fu un fatto, una concretezza, uno sforzo gigantesco che vide al primo posto artefici e costruttori. I quali, oggi, si interrogano sulle visibili e palpabili incapacità, insufficienze e inadeguatezze di una maggioranza che all’urgenza di progetti e programmi effettivi preferisce la lottizzazione degli enti di Stato con una spartizione partitica bollata (prima) come indegna e criminale, e adesso praticata con le stesse facce di bronzo di prima.
Se si vuole che “ricostruzione” non rimanga una parola o uno slogan bonne à tout faire, la politica dovrebbe (meglio, dovrà) interrogare se stessa e sulle sue responsabilità nella crescita mostruosa di quella macchina burocratica continuando a sfornare, come ricorda spesso Sabino Cassese, nuove leggi senza cancellare le precedenti e per di più scrivendole male, creando sempre nuovi strati di burocrazia (come l’organismo anticorruzione) pur di non assumere responsabilità dirette, accettando il dilagare dell’idea del sospetto che porta a follie giuridiche come equiparare reati di mafia e reati contro la Pubblica amministrazione, permettendo alla magistratura di assumere spessissimo il ruolo di decisore finali in grandissime questioni che non la riguardano e che richiedono competenze che la magistratura non possiede ecc. ecc..
Tutto non sarà come prima, è il mantra che inflaziona i mass media. E il cambiamento che ne deriva deve essere il necessario compimento.
Dovrebbe…
Aggiornato il 21 aprile 2020 alle ore 11:31