L’allarme sociale di questi giorni dovuto al diffondersi del virus Covid-19 sta rimandando alla mente di più di qualcuno la situazione che si era venuta a creare, nel nostro come in altri Paesi, in occasione dell’incidente alla Centrale elettronucleare di Chernobyl: pur essendo la fenomenologia dei due eventi profondamente diversa, ci si è trovati di fronte a due nemici inaspettati ed invisibili quali un batterio e un radionuclide. Nel caso di chi scrive, all’epoca addetto ai lavori nei controlli di sicurezza della Centrale di Latina (dotata di reattore delle medesime caratteristiche del reattore russo), e come tale indirettamente coinvolto nel dibattito mediatico di allora, tale rimando è stato immediato, così come l’osservazione dei modi con cui sono state affrontate e gestite le due crisi, che, pur nella sopraddetta differenza, toccano tematiche analogicamente simili: si pensi alle necessità di rassicurazione sociale e di provvedimenti emergenziali nell’immediato, alle altrettanto necessarie previsioni economiche che disegnano gli scenari futuri, agli scambi di informazione tecnico-scientifica tra gli esperti per integrare le esperienze acquisite indirizzando nuove ricerche.
Una mirata analisi comparativa dei due eventi può sicuramente fornire utili elementi di riflessione; in questa sede si intendono illustrare quelli provenienti dallo specifico punto di vista ingegneristico, senza pretesa che ciò vada al di là di costituire una cosiddetta “condizione al contorno” nella trattazione di una materia necessitante anche di altri apporti professionali. E in ossequio alla natura ingegneristica della trattazione, l’analisi che segue, riferita al solo contesto italiano ma per molti versi più generalizzabile, viene presentata in modo articolato secondo la tematica di riferimento, senza disconoscere un’interattività che trascende lo schema adottato.
- Informazione tecnico-scientifica e comunicazione sociale
Pur comprendendo che abissale è il raffronto tra gli strumenti comunicativi delle due epoche, si è osservato che viene oggi data maggior enfasi alle dichiarazioni degli esperti interessati, ovvero ai virologi e agli operatori sanitari, spesso con spazi televisivi loro appositamente dedicati, anche esprimendo “opinioni” tra loro contrastanti, mentre quando accadde l’incidente nucleare gli esperti venivano soltanto intervistati brevemente nel corso dei telegiornali, o invitati ai talk show tramessi a cadenza settimanale, con la preghiera di essere “brevi e sintetici”.
Questo può probabilmente essere spiegato dal diverso linguaggio necessario all’ingegnere o fisico nucleare (ieri) e al medico (oggi) : quest’ultimo, più abituato al contatto pubblico, può comunicare attraverso concetti semplici e intuitivi (contagio, sintomi, batterio, trattamento del malato), e non attraverso concetti essenziali ma sofisticati, quali nella fattispecie del tempo: equivalente di dose, quantificazione della probabilità di incidente e dell’accettabilità di rischio, decadimento atomico, fondo di radioattività naturale. è naturale che questi concetti non siano alla portata di tutti; meno naturale è che all’epoca i tentativi di esposizione, impossibili in tempi contenuti, venissero quasi sempre tacciati di volontà di nascondere la verità (pur ammettendo che la terminologia usata era di per sé evocatrice di tragedie nell’immaginario popolare).
Cionondimeno, quanto sopra è confermato dalla circostanza per cui anche recentemente, in occasione di eventi calamitosi (terremoti, alluvioni, crolli strutturali) le competenze tecniche non hanno a disposizione lo spazio che trovano invece assessori, politici, giornalisti, opinionisti e Vip di varia natura, e con la Condicio sine qua non di esprimersi solo in modo “politicamente corretto”, in presenza di contraddittorio, e nel rispetto dei tempi televisivi.
- Specificità scientifiche
La similitudine più evidente è quella della diffusione del contagio di oggi, non controllabile nell’immediato, che richiama il diffondersi della nube radioattiva, che però, a differenza del caso attuale, non poteva essere influenzata da alcun tipo di comportamento umano. Oggi sono di uso corrente aggiornati software informatici (sviluppati soprattutto a valle di quell’incidente), che rendono possibile la costruzione di modelli previsionali attraverso l’elaborazione di dati statistici opportunamente pesati attraverso i medesimi algoritmi; sono altresì disponibili strumenti di tracciabilità, anche se non ancora completamente implementati, che permettono di orientare i comportamenti di comunità più o meno vaste.
Tali strumenti sono finalizzati all’ottimizzazione delle risorse emergenziali, che vengono allocate in tempo reale. Come dopo una guerra vengono migliorate le armi, almeno queste esperienze avranno una loro utilità. Altro aspetto analogo riguarda la cura delle persone colpite; nello specifico merito medico, senza indebiti approfondimenti, si può riscontrare che il trattamento del tumore alla tiroide, principale causa di decesso post-Chernobyl, ha oggi successo nel 96 per cento dei casi, quindi percentuale realisticamente confrontabile con la odierna sopravvivenza al contagio.
- Azioni emergenziali
A valle dell’incidente di Chernobyl, i provvedimenti subito assunti furono:
- emanazione di raccomandazione alle popolazioni, di natura nutrizionale, e momentanea restrizione degli accessi agli impianti sul territorio;
- intensificazione del monitoraggio radiologico ambientale;
- stress-test sugli impianti nucleari in funzione.
Assimilabili alle azioni oggi in corso di adozione, che stanno prevedendo, rispettivamente:
- lockdown, in diverse forme applicative, con associate raccomandazioni igieniche;
- rilievo di dati disaggregati territorialmente relativi a contagi, ricoveri e dismissioni;
- tampone a familiari e contigui di ogni contagiato.
Successivamente, furono decise dal Governo la rinuncia alla produzione (ma non all’utilizzo) dell’energia prodotta da fonte nucleare e la diminuzione dei finanziamenti alla ricerca nucleare. La ratio di queste azioni (“taglio la testa al toro”) oggi porterebbe rispettivamente al blocco di ogni tipo di immigrazione, causa di aumento demografico e potenziale apportatrice di nuovi virus, e alla chiusura dei centri di ricerca epidemiologica (nel caso fosse appurata l’origine artificiale del batterio). Tuttavia, al di là di questi raffronti, è da notare la diversa impostazione metodologica per la definizione degli interventi. Mentre oggi ogni provvedimento viene adottato nell’ambito di uniche disposizioni comunali, regionali o nazionali, volte contemporaneamente all’isolamento del virus e al rallentamento del contagio (due cose molto diverse), in ambito nucleare ogni disposizione è riferita esaustivamente ad un singolo obiettivo (es.: sicurezza intrinseca, difesa attiva e passiva, sistemi di controllo) in modo ridondante per gli aspetti comuni.
- Ricadute sociali ed economiche
è di questi giorni il dibattito se e come i provvedimenti emergenziali in atto, che indubbiamente rallentano il processo produttivo e colpiscono gravemente l’imprenditoria secondaria, possano influire sull’economia di un paese, e debbano quindi essere modulati non esclusivamente in funzione della salute della popolazione (concetto riassumibile nella battuta: i morti di fame non devono eccedere i morti per contagio). Sono disponibili modelli per lo studio dei possibili scenari, che possono portare a minimizzare le perdite economiche e umane, omogeneizzate secondo opportuni coefficienti, ma la loro applicazione dipenderà dalle decisioni politiche, che (giustamente, dal punto di vista professionale dei politici) dovranno portare al maggior consenso elettorale.
Mentre oggi si studia un “pacchetto” di provvedimenti al sostegno dell’economia, ai tempi di Chernobyl, il problema non solo non si pose minimamente, non tenendo in conto le conseguenze economiche delle scelte da effettuare, che furono dettate dalla volontà popolare, opportunamente strumentalizzata dalle forze politiche: queste scelte hanno poi influito negativamente sui costi dell’energia (con effetto indotto pari al 2 per cento del Pil) e hanno portato a indesiderati effetti ambientali, quali l’aumento della CO2, responsabile dell’ aumentato inquinamento, e, secondo alcuni, anche dei cambiamenti climatici. Riassumendo si può affermare comparativamente che per entrambi gli eventi considerati:
- l’informazione è risultata molteplice e frammentata, e viene privilegiata dai “media” quella a minor contenuto tecnico;
- le comunità scientifiche coinvolte possono mutuare le loro competenze;
- gli interventi dovrebbero essere definiti in modo metodico e non su base emozionale;
- la strategia delle scelte sociali dipende in modo pressoché assoluto dalle esigenze elettorali della classe politica.
Per concludere, si riportano le diverse “opinioni” sul conteggio dei deceduti a causa dell’incidente di Chernobyl fino ad oggi:
- 66 deceduti nell’immediato + 15 accertati successivamente, secondo le autorità russe;
- 4mila deceduti, secondo un rapporto redatto da agenzie dell’Onu(Oms, Unscear, Iaea e altre);
- 60mila deceduti, secondo il gruppo dei Verdidel Parlamento europeo;
- Tre milioni di deceduti, secondo le organizzazioni ambientaliste.
Ritenendo deontologicamente corretta la seconda stima, oggetto di proiezioni derivanti da una prudenziale e corretta analisi probabilistica (riportata al lordo delle morti che sarebbero comunque avvenute a valle di equivalente produzione elettrica con combustibile fossile e senza incidenti, e, trattandosi di morti “potenziali”, anche al lordo dei decessi per altre cause, quali infarto o incidente stradale), si osserva amaramente come solo l’ultima stima ecceda per ora i decessi riscontrati – e non stimati – per causa Coronavirus. E la presunta nascita di bimbi deformi, che oggi verrebbe trattata come una fake news, all’epoca sarebbe stata definita in modo molto più colorito.
(*) Associato Astri, referente dell’Area nucleare dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Roma e Coordinatore di un gruppo di lavoro (Nucleare) per la Commissione energia del Consiglio nazionale degli ingegneri
Aggiornato il 21 aprile 2020 alle ore 11:14