
Sembra un barzelletta parlare di collaborazione tra maggioranza ed opposizione e di spirito di unità nazionale nei giorni in cui il Partito Democratico ed il Movimento Cinque Stelle chiedono a gran voce il commissariamento della sanità in Lombardia, in Piemonte e magari anche in Veneto. Cioè aprono di fatto la campagna elettorale nelle regioni del Nord guidate da governatori leghisti e del centrodestra. E cercano di cavalcare le inchieste giudiziarie sulle morti nelle case di riposo per anziani seguendo uno schema, quello dell’uso politico delle iniziative della magistratura, che non a caso è iniziato nel Pio Albergo Trivulzio con la vicenda di Mario Chiesa e l’avvio della caduta della Prima Repubblica e della rovina di Bettino Craxi, e che oggi sembra rinnovarsi con le stesse modalità nelle stesse case di riposo per anziani milanesi e lombarde.
Più che di unità nazionale per fronteggiare il rischio di un colpo di coda del coronavirus bisognerebbe parlare gravissimo esempio di strumentalizzazione politica a fini elettorali. La richiesta di commissariamento della sanità delle regioni del Nord non è un atto attraverso il quale si vuole rivendicare la supremazia dello Stato centrale sulle Regioni. Per curare i guasti del regionalismo squilibrato realizzato a suo tempo dalla modifica della Costituzione voluta dal centrosinistra (sempre a scopi politici visto che il Pd voleva strappare la Lega di Bossi dall’abbraccio con il centrodestra di Silvio Berlusconi) non c’è altra strada che una nuova riforma costituzionale. Ma questa strada sperimentata a suo tempo da Matteo Renzi in maniera maldestra non convince affatto gli attuali dirigenti del Pd, che invece sembrano convinti della necessità di sfruttare al massimo la crisi provocata dalla pandemia e di impostare sulle conseguenze provocate dalla crisi nelle regioni settentrionali il loro attacco alle roccaforti leghiste del Nord.
È facile prevedere che la Lega e l’intero centrodestra non abbiano alcuna intenzione di subire passivamente questo atto di massima ostilità aggravata dalla spregiudicata utilizzazione di inchieste giudiziarie avviate in maniera temporalmente quasi coordinata con l’offensiva politica contro Attilio Fontana, Giulio Gallera e il gruppo dirigente leghista del settentrione.
È difficile immaginare quale potrà essere la reazione di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni al gioco duro di Pd e M5S. Di sicuro non ci potrà essere alcun tipo di collaborazione della maggioranza. Semmai ci si dovrà aspettare una azione diretta a far esplodere le divisioni della maggioranza stessa. Quelle sul Mes tra Pd e M5S, ma anche quelle che emergeranno fatalmente sulla gestione della ripresa che di sicuro né Nicola Zingaretti né Luigi Di Maio e Vito Crimi vogliono appaltare agli esperti di Vittorio Colao o ad un Giuseppe Conte che sembra essere caduto in uno stato di grave confusione.
Altro che unità nazionale, dunque! Semmai l’unico tratto distintivo della tanto attesa ripresa sarà allora quello della durissima conflittualità politica. Di fronte ad un Paese sempre più allibito e preoccupato per tanta irresponsabilità messa in mostra innanzitutto dalle forze di governo!
Aggiornato il 16 aprile 2020 alle ore 10:51