Molto si discute commentando la divisione aspra e polemica che vede su fronti contrapposti, da un lato, Italia, Spagna, Portogallo, Belgio e, in parte, la Francia e, dall’altro, Olanda e Germania con l’appendice dell’Austria, a tutti gli effetti una sorta di Land tedesco, per dir così, esterno alla Germania, ma culturalmente e politicamente omogeneo alla stessa e che perciò non fa testo nel discorso che qui vado facendo. Osservatori e giornalisti, economisti e politici, in genere, mettono l’accento sulla strategia economica dei due Stati del Nord Europa, che avrebbero tutto l’interesse ad abbandonare al loro destino quelli mediterranei, sia per lucrare i vantaggi del celebre “spread” che questi vedrebbero crescere oltre misura, a tutto beneficio dei titoli tedeschi, sia per escludere dal mercato competitori pericolosi specialmente in alcuni settori, come, per esempio, quello manifatturiero e agro-alimentare, tradizionali ambiti economici e di esportazione per i prodotti, soprattutto italiani.
Tutto ciò pare verosimile e probabilmente è vero. Ma non basta. Occorre probabilmente spingersi oltre, osservando come dietro quelle spiegazioni fornite da molti, si celi una dimensione che va brevemente investigata perché capace forse di meglio far intendere i termini reali di quella contrapposizione. Intendo infatti segnalare un dato ben noto, ma sul quale oggi conviene tornare a riflettere e cioè che mentre i Paesi mediterranei (ed anche il Belgio), sopra indicati sono tutti di matrice cattolica, quelli contrapposti invece sono di matrice luterana-calvinista: non sin tratta di un puro caso. Ovviamente, evocando luteranesimo e cattolicesimo, non voglio riferirmi alla dimensione religiosa pura e semplice.
Intendo alludere invece – come è fin troppo chiaro – alla matrice culturale e politica di entrambi, la quale non può non esser stata influenzata in modo determinante dal credo religioso professato. Non occorre compulsare le pagine di Carl Schmitt per ricordare come le categorie politiche moderne (sovranità, legittimazione, rappresentanza) altro non siano che la secolarizzazione delle categorie religiose tradizionalmente esplorate dalla teologia: e da qui la sua notissima lezione di teologia politica. E’ stato peraltro Max Weber, come è noto, a rilevare come lo spirito del capitalismo abbia prosperato, giungendo a compiuta maturazione, proprio a partire dall’etica protestante, che spingeva a vedere nell’arricchimento individuale il segno della benevolenza divina. Da questo punto di vista, si può ben dire che cattolicesimo, da un lato, e luteranesimo-calvinismo, dall’altro, si collocano su posizioni del tutto antagoniste. Infatti, il cattolicesimo, con molta approssimazione:
- È comunitario (la “ecclesia”).
- È attentissimo ai deboli, agli emarginati, ai poveri, in ciascuno dei quali scorge “Alter Christus”.
- È fondato sulla fede derivante dalla scrittura ed insieme dalla tradizione apostolica.
- È difensore della libertà individuale e del “libero arbitrio” (celebrato da Erasmo), contro ogni predestinazione.
- Predica la salvezza attraverso la fede e le opere (le fede senza le opere è morta, dice San Giacomo).
Al contrario, il luteranesimo-calvinismo, con molta approssimazione:
- È individualista.
- È tendenzialmente indifferente a povertà ed emarginazione, segno di assenza di benevolenza divina.
- È fondato sulla sola scrittura.
- È difensore della dottrina della predestinazione (il “servo arbitrio” di Lutero).
- Predica la salvezza attraverso la sola fede, senza le opere.
Come si vede, le distanze di matrice religiosa spiegano bene la posizione politica oggi rispettivamente assunta, perché la rispettiva cultura politica sì è storicamente strutturata a partire da quelle premesse. E allora perché meravigliarsi? Olanda – molto influenzata storicamente dal calvinismo in funzione anti-asburgica – e Germania non capiscono proprio perché dovrebbero farsi carico “solidalmente” di una parte del debito di altri Paesi, se non per ragioni di pura filantropia, che però, dalla loro ottica, non è lecito pretendere: e d’altra parte, per la loro cultura politica, ciò è assurdo, almeno quanto è assurdo affannarsi a beneficare intere classi di popolazione che, se versa in condizioni di indigenza, riceverà al massimo gli aiuti previsti per legge, nulla più ( a che servono le opere?).
I Paesi di matrice cattolica, invece, tributari di una diversa cultura politica, invocano una solidale spartizione delle esigenze sociali ed economiche che a loro pare del tutto ovvia e normale (“Ut unum sint!”, ripeteva Giovanni Paolo II), ma che però i loro interlocutori faticano molto a comprendere e che mai potranno in pieno condividere. Ecco inoltre, detto per inciso, perché quando si trattò, diversi anni or sono, di redigere una Costituzione europea (poi miseramente fallita) il Nord Europa si oppose al riferimento esplicito alle origini cristiane del vecchio continente che vi si voleva inserire: sarebbe stato incoerente con la posizione occultamente isolazionista dell’individualismo capitalistico luterano-calvinista.
In altri termini, più strettamente economici, mentre per il luteranesimo-calvinismo, il capitalismo è autoreferenziale, cioè si autogiustifica, in quanto il denaro va accumulato e investito al solo scopo di produrre altro denaro (e da qui la grande speculazione finanziaria internazionale), per il cattolicesimo politico, invece, il denaro guadagnato va investito in modi sempre diversi, allo scopo di fare più bello il mondo, meno ingiuste le differenze sociali, più godibili le città (e da qui la nascita dello Stato sociale). Ecco perché i luterani-calvinisti appaiono talmente sobri nel vestire e nel comportamento, al punto da varcare la soglia della mestizia esistenziale (perché il denaro non va speso, ma utilizzato per produrre altro denaro), mentre i cattolici appaiono gaudenti, perfino oltre la soglia del buon gusto borghese (perché il denaro, se non si spende per vivere meglio, non serve a nulla).
Per sintetizzare in modo forse eccessivo, si potrebbe dire – parafrasando un detto evangelico – che mentre per i primi l’uomo è in funzione del denaro, per i secondi vale l’inverso: il denaro è in funzione dell’uomo. E del resto, per capire ancor meglio la differenza, si paragoni l’atmosfera di un film di Ingmar Bergman (rarefatta, umbratile, sofferta) a quella di un film di Federico Fellini (lussureggiante, solare, esibizionista). Tanto basti.
Aggiornato il 10 aprile 2020 alle ore 11:39