Ciò che è di Cesare, ciò che è di Dio e ciò che è di Io

venerdì 10 aprile 2020


A margine della vicenda coronavirus, la quale negli altri paesi si atteggia in lockdown e in Italia, per nostro sommo gaudio, in arresti domiciliari generalizzati, vorrei fare alcune brevi osservazioni, sintetizzabili in una massima: oggi Cesare si è impadronito di tutto. Sono stati travolti gli argini che fondano la moderna civiltà del diritto, ergendosi a separare, sia il potere temporale da quello spirituale, sia la sfera privata da quella pubblica. Lo sconfinamento dell’esercito di Cesare è davvero preoccupante, ancorché annunciato come temporaneo ed emergenziale. In ogni tempo e in ogni dove, non è facile sottrarre il potere a chi l’ha conquistato; oggi in Italia è ancora più difficile, in ragione di congiunture stellari particolarmente sfavorevoli.

Il capo della Chiesa cattolica ha abdicato al ruolo di guida spirituale. Non si cura dell’escaton e del trascendente, nel mentre preferisce declinare il Verbo di Dio sotto le spoglie di precetti profani, sempre conformi al pensiero politically correct dominante. Viene meno il contropotere della Chiesa, fondato sul carattere universale e trascendente della redenzione di Cristo. Da contropotere la Chiesa diventa una costola del Potere. Storicamente la religione cristiana è stata dirompente, perché non divinizzava il potere costituito e liberava l’uomo dalla sua sudditanza al potere. Possiamo dire, senza enfasi, che il Cristianesimo è stato fondamentale nell’edificazione della moderna civiltà, proprio per la forza liberatrice del suo contropotere. Non ci sarebbe il moderno check and balance, a fondamento delle attuali democrazie, senza la convivenza e anche la contrapposizione, nel passato, tra il potere dell’Imperatore e quello del Papa.

Oggi, il Papa non predica la redenzione di Cristo, ma il “progresso”, in modo non dissimile da qualunque Agenzia delle Nazioni Unite. Sicché il magistero della Chiesa cattolica si riduce ad assecondare i desideri del legittimo programmatore del “progresso” e tessere le lodi della sua lungimiranza. E, in tempi di coronavirus, si adegua ai programmi di “distanziamento sociale”. La Chiesa rimane muta e le chiese rimangono chiuse. Un tempo la peste a Palermo fu sconfitta grazie all’ostensione delle spoglie miracolose della Vergine Rosalia, recate in processione dai fedeli. Poco importa, ai nostri fini, credere o no nel miracolo di Santa Rosalia; il fatto storico della processione dei fedeli rimane. Importa invece osservare la distanza infinita tra una Chiesa presente nei momenti di disgrazia e una Chiesa assente, muta e sufficientemente “distanziata”. Ebbene, la Chiesa prona all’Autorità temporale mi fa paura quanto la Chiesa che pretende di esercitare il potere temporale. Se l’omologazione e la reductio ad unum fanno paura a ogni buon liberale, oggi è tempo di temere il virus, nient’affatto temporaneo, che distanzia gli uomini, mentre avvicina Dio a Cesare.

Non meno grave è la frana del confine tra la sfera privata e quella pubblica. Siamo arrivati al punto che un Dpcm, un’ordinanza del governatore regionale o del sindaco dispongono, in dettaglio e minuziosamente, i comportamenti privatissimi di ognuno di noi. Non ci dicono solo di distanziarci di un metro dal vicino, ma anche di uscire da casa una volta sola, di non passeggiare, di non fare attività locomotoria, di non soffermarci a contemplare il mare etc.. Queste minuziose prescrizioni non salvaguardano alcun bene sociale; non incidono nella sfera dei rapporti sociali, poiché manca il punto di interferenza dell’azione dell’uno con quella dell’altro. Può avere un senso la distanza di un metro, che bene o male riguarda la relazione tra due uomini, ma quando manca perfino il carattere relazionale della condotta, il comando autoritario e liberticida non ha alcuna giustificazione. Ciò è tanto ovvio, che il silenzio generalizzato di fronte a un simile scempio della libertà individuale suona particolarmente allarmante.

Tale assordante silenzio ci fa dubitare che sia stata mai tracciata, nel “sentire comune” degli italiani, la linea di demarcazione tra le due sfere. Invero, perfino la nostra Carta costituzionale trascura la piccola questione di porre un limite ai poteri pubblici; il più importante dei quali è proprio quello del rispetto della sfera privata. La nostra “privacy” è ridotta a farsa; il diritto alla nostra intimità personale e alla riservatezza della vita familiare consiste in niente più che nell’apposizione di una X nel formulario di autorizzazione al trattamento dei dati personali. È poi del tutto irrilevante che un agente di polizia possa fermarti mentre passeggi e la tua passeggiata sia penalmente sanzionata. Voi pensate che questo scempio finirà col coronavirus? Me lo auguro; ma mi chiedo: se tutto ciò è stato possibile, cosa impedirà futuri Dpcm e ordinanze di governatori e sindaci?

L’arretramento di Dio e di Io di fronte a Cesare è immensamente pericoloso, perché può essere l’inizio della fine della nostra libertà.


di Michele Gelardi