Politici e tecnici

Quando cadde il muro di Berlino, il cancelliere Helmut Kohl si trovava davanti moltissimi e gravi problemi. Fra questi, uno era rappresentato dal cambio valutario fra marco tedesco orientale, un semplice pezzo di carta, dopo mezzo secolo di dittatura comunista, e marco occidentale, in quel momento la più forte moneta dell’Europa e forse del mondo. I suoi tecnici di fiducia – economisti, studiosi di finanza, banchieri – gli consigliavano naturalmente di autorizzare un cambio sostenibile dal punto di vista economico e che si sarebbe attestato all’incirca su un cambio di uno a dieci o addirittura a venti, vale a dire che un tedesco di Lipsia, per ottenere un marco occidentale, avrebbe dovuto sborsare fino a venti marchi dei suoi.

In sostanza, se un abitante dell’Est, trovandosi dopo la caduta del muro, a Stoccarda o a Francoforte, avesse voluto pranzare in uno dei ristoranti del posto, avrebbe dovuto portare con se uno zaino capiente allo scopo esclusivo di contenere la quantità di marchi orientali necessari per pagarne il prezzo. A tacere poi naturalmente del fatto che in pratica nessuno dei tedeschi dell’Est sarebbe stato in grado di farlo, per il semplice motivo che non avrebbe mai potuto procurarsi una tale esorbitante quantità di carta moneta. Kohl ascoltò quanto gli veniva detto e ripetuto dai suoi consiglieri dal punto di vista tecnico, ma decise in modo molto diverso. Decise che il cambio fra le due monete sarebbe stato di uno contro uno, alla pari. Questa decisione fece andare su tutte le furie i suoi tecnici che lo presero per matto, in quanto si trattava di una opzione ai loro occhi del tutto folle, evidentemente antieconomica, tale da costringere la Germania dell’Ovest a “comprarsi” letteralmente quella dell’Est, impegnandosi a finanziarla da zero, con risorse economiche e finanziarie ingentissime.

Ma era proprio ciò che Kohl intendeva fare e non perché fosse matto. Semplicemente, aveva chiara una visione politica globale – sconosciuta o secondaria per i suoi tecnici – e gli obiettivi da raggiungere. Il Cancelliere desiderava raggiungere l’obiettivo di fare delle due Germanie una sola e unica nazione, con un solo popolo, fatto dei medesimi cittadini in posizione di tendenziale eguaglianza e sapeva che per raggiungere questo obiettivo – squisitamente politico – bisognava fare dei tedeschi dell’Est dei cittadini pari a quelli dell’Ovest e non dei mendicanti costretti a pietire l’elemosina da parte dei loro compatrioti. Il gioco valeva la candela, la necessità di raggiungere questo obiettivo politico – ed antieconomico – giustificava lo sconcerto dei consiglieri tecnici del cancelliere.

Ricordare questa vicenda è oggi utile allo scopo di evidenziare la differenza di ruolo fra il politico e il tecnico, quando si tratti di governare ed indirizzare la cosa pubblica. E soprattutto oggi, dal momento che la formazione pentastellata della maggioranza di governo mette di fronte alla assoluta incompetenza di diversi ministri nell’ambito del dicastero che son chiamati a guidare, per cui molti son portati a reclamare una specifica competenza tecnica come esigenza assoluta per interpretare il ruolo di ministro. Ebbene, se i ministri pentastellati prestano il fianco a roventi critiche, non è tanto perché son privi di competenze tecniche, quanto perché sono privi di una visione politica autentica, non riescono cioè ad individuare plausibili obiettivi da raggiungere, come ha rilevato, fra gli altri, Jürgen Habermas in un suo saggio dedicato significativamente all’Europa post-democratica, che vale post–politica.

Si pensi al reddito di cittadinanza, che rivela come l’obiettivo dei pentastellati non fosse affatto creare nuova ricchezza da distribuire – attraverso una nuova e necessaria politica del lavoro o dello sviluppo – ma quello di distribuire un’elemosina (i 720 euro mensili) a chi del lavoro fosse privo: effetto benemerito, certo, ma politicamente miope. Risultato: un totale fallimento, anche perché la foglia di fico dei “Navigator” che avrebbero dovuto reperire il lavoro per i percettori di tale reddito non ha funzionato, svelando subito la sua inane inutilità e strumentalità. In altre parole, il progetto dei pentastellati ha fallito non per motivazioni tecniche, ma perché era del tutto sbagliato l’obiettivo da raggiungere. Ecco allora la necessità del politico, ben distinto dal tecnico.

Mettiamola così: al politico spetta la visione globale, la capacità di decidere nella chiarezza dei traguardi da raggiungere per l’organizzazione sociale e per la prospettazione del rapporto fra esseri umani e istituzioni, per la costruzione di una compiuta antropologia; al tecnico spetta invece la messa ad effetto degli strumenti operativi necessari per raggiungere il traguardo indicato dal politico.

Ne viene che se il politico sarà in possesso anche delle competenze tecniche utili alla bisogna, sarà meglio in ogni caso, perché potrà anche sindacare i consigli dei consulenti tecnici e decidere di conseguenza; mentre, invece, il tecnico, privo di una visione politica autentica, sarà un vero disastro politico e sociale. Se Kohl fosse stato solo un tecnico, probabilmente sarebbe scoppiata una guerra fra le due Germanie, per motivi economici di mera sussistenza individuale: altro che riunificazione!

Aggiornato il 06 aprile 2020 alle ore 13:47