
La parabola del coronavirus sembra aver iniziato la sua fase discendente. Ma immaginare che questa fase possa essere rapida è del tutto irrealistico. Perché la preoccupazione generale è impedire che la direzione possa invertirsi e rilanciare il contagio riportandolo ai livelli appena lasciati. E perché tutti si rendono conto che per evitare un rischio così grave non c’è altra strada oltre quella di non allentare la presa e ridurre con pericoloso anticipo le misure emergenziali a cui si deve (o almeno sembra) il progressivo rallentamento della pandemia.
Chi sperava che il periodo delle limitazioni potesse concludersi all’inizio del mese di aprile, dunque, si illudeva. Le restrizioni andranno sicuramente avanti fino a dopo la Pasqua e, probabilmente, dureranno fino alla fine del mese per incominciare ad essere diradate nel mese successivo.
Sarà maggio, allora, il momento dell’inizio della ripresa? Nessuno è in grado di avanzare previsioni certe. Può essere che nel mese dei fiori torni a sbocciare la rosa della speranza del ritorno alla normalità. Ma questo non è un dato certo. Solo un auspicio che difficilmente si trasformerà in qualche misura governativa di allentamento del blocco in atto.
L’auspicio incerto ha un contraltare assolutamente certo. Dopo il periodo pasquale la stragrande maggioranza delle attività ferme per impedire la diffusione del contagio saranno in condizione disperata. Per le piccole e medie imprese, dalle botteghe dei negozi alle società con pochi addetti in settori paralizzati dall’emergenza antivirus, il blocco pasquale potrebbe rivelarsi il colpo finale. Quello della chiusura definitiva e della rinuncia ad ogni futura possibilità di ripresa.
Il rischio della “Mala Pasqua” per l’intero Paese è dunque fin troppo concreto. Al punto che la priorità del governo dovrebbe essere quella di scongiurare con misure adeguate che la festa delle resurrezione diventi quella della definitiva sepoltura dei settori che da sempre costituiscono l’ossatura economica e produttiva della società italiana.
Per cancellare l’incubo della “Mala Pasqua” il governo non ha solo l’esigenza di trovare a livello europeo i fondi per sostenere chi rischia il tracollo, ma rompere tutte quelle pastoie burocratiche che frenano e che possono vanificare l’effettiva elargizione degli aiuti. L’esempio dell’emergenza-terremoti suscita le più serie preoccupazioni in proposito visto che la ricostruzione delle zone distrutte dai sismi del 2009 e del 2016 non è mai concretamente partita a causa dell’incidenza negativa dei pesi burocratici.
A queste due esigenze se ne aggiunge una terza che, forse, è la più importante di tutte. Il governo di Giuseppe Conte deve convincersi che l’emergenza non può essere lo strumento per garantirsi una sopravvivenza che in tempi normali sarebbe già esaurita. Per esorcizzare il fantasma di Mario Draghi non c’è bisogno di sottoporre il Paese alla “Mala Pasqua”. Semmai, dell’esatto contrario!
Aggiornato il 01 aprile 2020 alle ore 11:16