San Giuseppe Conte non ne azzecca una

Dovremo un giorno ricordarci del 19 marzo 2020, festa del papà. Mai prima di ieri avremmo pensato di plaudere a un commento vergato dal vicedirettore dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis. Questa volta, chapeau! L’ha azzeccato. Nell’editoriale dal titolo: “Presidente, esca dal format”, De Angelis coglie in pieno la contraddizione di fondo che rende dissonante la comunicazione del presidente del Consiglio con il tipo, e la qualità, d’interventi che il Governo da lui presieduto sta implementando per fermare il contagio da Coronavirus. Non è questione di forma, che potrebbe interessare la stretta cerchia degli esperti della comunicazione, ma di sostanza perché ciò che fa e che dice, e come lo dice, il premier si ripercuote inevitabilmente sugli standard di vita di ogni italiano.

Nel mirino della critica di De Angelis c’è il post che Giuseppe Conte ha dedicato alla ricorrenza del 19 marzo. Una roba stucchevole, un veleno per i diabetici. Ma come si fa a scrivere: “Questo è il tempo della riscoperta. Del valore di un abbraccio, dell’importanza di guardarsi negli occhi, del calore di una stretta di mano” quando, nello stesso momento, il Governo, a torto o a ragione, a scopo di prevenzione ha consegnato tutta l’Italia agli arresti domiciliari? Non ci si può toccare, non ci si può abbracciare, non ci si può baciare è lui fa l’elogio del contatto umano? Qualcuno sarebbe autorizzato a chiedersi: “ma Conte ci è o ci fa?” Non è che si voglia cavillare sulla necessità di tenere in linea di coerenza il pensiero e l’azione del capo di Governo dell’ottava potenza industriale del mondo, ma qui si esagera.

Conte oggi scopre il valore dell’abbraccio? Proprio nel giorno della tragica foto che ritrae la lunga colonna di automezzi militari che in fila indiana lasciano Bergamo carichi di bare alla volta dei forni crematori dove un imprevisto numero di cadaveri, inimmaginabile in tempi di pace, dovrà essere incenerito. Ma che gli ha detto il cervello? Un messaggio del genere nel giorno in cui tanti figli non hanno potuto, non diciamo abbracciare, ma neppure volgere l’ultimo sguardo al proprio genitore giunto da solo e senza il conforto dei propri cari al capolinea della vita terrena. Francamente non sappiamo spiegarlo: è sadismo o incoscienza, quella di Conte?

Per De Angelis il problema è il format. Il premier sarebbe incastrato in una comunicazione da Grande Fratello, ben inteso quello di Rocco Casalino non di George Orwell (troppa grazia) che creerebbe, aggiungiamo noi, una dicotomia schizofrenica tra l’Essere del pittoresco personaggio Peppino Conte e il Dover Essere delle regole che il politico-giurista Giuseppe Conte dovrebbe per primo rispettare prima di chiamare gli altri a farlo. Frasi degne di essere incapsulate nella stagnola dei Baci Perugina: sbirciate di straforo, appallottolate e cestinate. Mai prese sul serio. Frasi stupide, inopportune che fanno il paio con gli scatti del Book fotografico che immortalano per i posteri il Conte-John Fitzgerald Kennedy che scruta orizzonti lontani, il Conte- Winston Churchill che pensoso s’immerge nell’ora buia della Storia, il Conte-Papa Francesco che impartisce la benedizione al suo gregge di anime disorientate alle quali promette: “Presto torneremo a stringerci più forte di prima”.

Se questo è il meglio che il suo staff della comunicazione sa tirare fuori, comprendiamo il perché questo premier ci appare ogni giorno di più inadatto al ruolo e, soprattutto, più urticante. Ha ragione De Angelis, occorrerebbe un discorso di verità che riconciliasse il sentimento popolare con la durezza del momento che stiamo vivendo. Ma i discorsi di verità richiedono un approccio virile nel rapporto con il prossimo che, a quanto pare, da un po’ di tempo sembra che sia un’eresia solo farvi cenno. Dovrebbero saperlo al Governo: non è tempo di telenovelas. I buoni sentimenti, distribuiti un tanto al chilo, non sono l’antidoto alla crisi d’incertezza sul futuro che sta divorando a tempo di record il tessuto connettivo della società italiana. Oggi la paura più grande non è il virus. A terrorizzare è il non sapere cosa accadrà dopo che il virus sarà scomparso. Se si avrà la forza per rimettersi in piedi economicamente e socialmente.

Perché vittime innocenti non le fa solo il Covid-19, ma anche la miseria. Ora, non si tratta di abbandonarsi ad eccessi polemici, come invocare la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo per la chiusura temporanea di un parco pubblico, protestare per la libertà stuprata se viene momentaneamente proibito lo shopping, gridare per la dignità umana negata se per qualche giorno, a titolo precauzionale, non è permesso fare jogging all’aria aperta. Tuttavia, limitare i movimenti e la circolazione delle persone per poi affidare alle rete dei social un pensiero pleonastico su quanto sia prezioso il calore di una stretta di mano, suona come uno sfottò che sarebbe di cattivo gusto se lo provocasse un esperto di satira, ma che diventa inaccettabile se lo si mette sulle labbra del presidente del Consiglio.

Ma anche il post incriminato ha del positivo. Si è rivelato essere un affidabile indicatore di verità sul grado di adeguatezza di questo premier allo stato d’eccezione. Il nostro giudizio è noto: Giuseppe Conte e la sua squadra di Governo non sono all’altezza del momento di assoluta gravità. Se è vero che la forma è sostanza, non basta cambiare format comunicativo per risolvere il problema. Meglio sarebbe sostituire il timoniere e tutto l’equipaggio prima che la barca Italia finisca sugli scogli. Siamo in uno stato di guerra, con una conta dei morti che supera le tre migliaia di vittime? Allora cosa aspetta il capo dello Stato a promuovere un Gabinetto di guerra in cui siano rappresentate tutte le forze politiche presenti in Parlamento? È il momento per il presidente Sergio Mattarella di ripercorrere le orme del suo illustre predecessore Enrico De Nicola, intestandosi dopo quella del 1944 una seconda “Svolta di Salerno”.

Allora per governare un pezzo d’Italia liberata dal nazi-fascismo, il comunista Palmiro Togliatti non ebbe scrupoli a sedere acanto a monarchici, liberali e democristiani nel Secondo Governo Badoglio. Si potrà chiedere lo stesso spirito unitario ai vari Nicola Zingaretti, Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e a qualche grillino pescato a sorte dalla piattaforma Rousseau? L’ora è grave. Oggi piangiamo i morti, domani commisereremo gli italiani, e saranno tanti, vaganti tra le rovine che questa peste dei giorni nostri avrà lasciato a duro monito per le comunità che da quelle rovine dovranno risorgere.

Aggiornato il 20 marzo 2020 alle ore 11:21