Infettitalia

Oggi sono in vena di massime. Dunque voglio introdurre un caposaldo politico del quale me ne attribuisco la paternità e per il quale se non dovessi passare alla storia, se non altro qualcuno se ne ricorderà: non c’è niente di più funesto di un tecnico che voglia fare il politico (Girolamo Sirchia o Giampaolo Di Paola) e di un politico che voglia fare il tecnico (Giuseppe Conte e Roberto Speranza). Ma quelli che proprio mi fanno schifo sono gli incompetenti che cercano di trasformare la loro incompetenza in successo politico: che purtroppo oggi coincidono con i secondi.

Capita dunque che la Politica (che dopo la prima Repubblica e dopo l’avvento dei grillini è un ricettacolo di trombati della società civile senza né arte né parte) cerchi di trasformare in un successo da salutare con orgoglio i frutti del suo lassismo e della sua incompetenza nel non aver saputo adottare in tempo utile dei provvedimenti efficaci e praticabili come la quarantena, provvedimento tanto più efficace quanto più precoce. E come lo fa? Perculando un elettorato che per definizione è emotivo, non sa nulla di dinamiche politiche ma ha una voglia irrefrenabile di essere protagonista di qualcosa di “epico” sì, ma che non rompa troppo le balle: un epico “low-cost”.

Un virus viene trattato nell’immediato con la quarantena. La quarantena non è una cosa “epica” o una “scelta politica” come l’ha messa giù “Giuseppi”, ma è un presidio sanitario obbligatorio e necessario che non ha nulla di eroico. Eroico, per intenderci, è Teseo Tesei che ha spolettato “a tempo zero” nel porto della Valletta. Noi siamo “obbligati” a guardare sul divano le serie di Netflix. “Giuseppi” però punta alla gratificazione della fetta “anonima” della società, quella tutta “oddio oddio” e “attenta aa règazzina” che ha la vita scandita dal pupo da prendere, la riunione di condominio, il sabato dalla mamma di lei e il pranzo la domenica dalla mamma di lui. E la compatta in maniera da renderla una poltiglia indistinta da soddisfare con due ciance e dalla quale trarre consenso non a vantaggio dell’esecutivo (che già nel suo essere pataccaro assumerebbe una ragione politica, seppur di bassa lega), ma suo personale: e lo fa per sopravvivere a sé stesso. “Giuseppi” si è avvicinato alla politica come “avvocato del popolo” e cerca di sopravvivere ad essa facendo dell’Italia un enorme palco mediatico che manco Adriano Panzironi con Life 120. Il Panzironi del popolo, insomma.

Quindi dopo aver deluso gli eroici dei “flashmob” su balcone, degli “andrà tutto bene” o i “bella zio” che pensavano di essere parte di una “grande storia” che ci fa sentire tutti uniti (salvo poi fottersi quando le cose saranno passate) e visto che di tempo ne abbiamo, io vi farei una premessa. La conoscete la storiella del pediatra? No? Ve la dico io, Tenetela a mente questa storiella perché l’influenza è un virus al pari del Covid-19 ed ha dunque le stesse dinamiche. Quando il bambino ha i primi sintomi dell’influenza i genitori chiamano in tutta fretta il pediatra.

Quello viene, visita il piccolo paziente e fa la ricetta. Passa un giorno ed il bimbo non migliora, anzi peggiora. E allora i genitori chiamano un altro pediatra il quale ripete i passaggi del collega precedente. Ma il bimbo ancora peggiora. E se ne chiama un terzo, che ripete i passaggi dei due colleghi precedenti: ma questa volta il bambino guarisce. Lo sapete quale risulta essere agli occhi dei genitori il pediatra migliore? Il terzo. Perché i genitori ignorano che l’influenza è un virus e come tale ha una fase di incubazione, di crescita, un picco ed una fase discendente. Ma per le diverse implicazioni sulla salute pubblica e sulla sicurezza nazionale necessita che venga trattato con la massima tempestività da uno Stato degno di questo nome.

Fatta questa premessa, distinguiamo inoltre tra dinamiche domestiche e dinamiche nazionali. Le prime hanno ripercussioni circoscritte (il bimbo ha l’influenza, non deve rimanere indietro con le lezioni, devo prendere ferie, devo disdire la palestra). Le seconde invece possono incidere pesantemente sulla salute pubblica e sulla sicurezza nazionale, non ultimo sotto l’aspetto economico. E dunque cominciamo con ordine e passiamo al setaccio le gesta di questo esecutivo di “eroi”. Fase per fase. Dicembre dello scorso anno lo potremmo definire il periodo dell’incubazione: si comincia a sentire di uno strano virus che viene dalla Cina. Data la globalizzazione e l’aggressiva strategia geopolitica del Dragone, uno ci si aspetterebbe un contingency plan, un piano di emergenza e cioè soffrire un mese ora per non soffrirne 4 dopo.

Dunque uno si sarebbe aspettato un mese di chiusura totale a dicembre-gennaio ed un controllo capillare delle vie di ingresso e di uscita dal Belpaese, di modo tale che la salute nazionale non sarebbe stata messa in pericolo e l’economia non avrebbe dovuto soffrire per un tempo maggiore delle sue capacità. Messa giù ignorante, a quest’ora forse sarebbe tutto passato e ci staremmo solo rompendo le scatole pensando a quante uova comprare e a chi regalarle.

Invece la strategia dell’esecutivo e dei suoi “dottorini” (loro si definiscono intellettuali) è minimizzare: sono tutte cazzate, meno male che c’è la paura del coronavirus così si viaggia più larghi. Nicola Zingaretti prima minimizzava in chiave anti-sovranista, salvo poi riscoprirsi un “ce la faremo” quando bisogna ossequiare la narrativa della celebrazione delle scelte coraggiose e tempestive dell’esecutivo. Nello specifico “Giuseppi” e Speranza danno un’interpretazione politica di un presidio sanitario come la quarantena (che non può essere interpretato in chiave politica e derubricato a forma di repressione o razzismo).

Ovviamente le chiacchiere sono chiacchiere e il virus te lo dimostra. Il virus contagia ampie zone della Lombardia, del Veneto, Liguria e Piemonte. Dunque il nostro “Giuseppi”, che avrebbe dovuto prevenire, si affanna a rincorrere un provvedimento che giunge tardivo e come tale inefficace. Inefficace dal punto di vista sanitario, dato che il distanziamento sociale non è totale, il tempo gioca a sfavore, il provvedimento avrebbe dovuto essere operativo da gennaio e l’Italia è già in ritardo di un paio di mesi su una scala tarata sul mero buon senso “della nonna”. Inefficace dal punto di vista economico dato che se ci fosse stato un intervento precoce, avremmo limitato il disastro economico non tanto dei lavoratori dipendenti (che tanto lo stipendio il 27 del mese arriva puntuale) quanto delle partite Iva, il cui ventaglio di opzioni è morire di corona virus o morire di fame.

Ma non solo. Cosa fa l’esecutivo? Fa trapelare i contenuti del decreto non ancora firmato provocando al Nord una sorta di esodo di massa di gente del Sud che si affretta a tornare. Quindi una sorta di convention di untori o potenziali untori che si riuniscono alla stazione di Milano per un allegro ritorno col patrocinio di Palazzo Chigi. E siamo dunque ad un passo dal picco. Di qui il provvedimento di chiusura (quasi) totale. “Giuseppi” non ha ancora imparato la lezione ma ha imparato a fare ospitate da Barbara Durso, a criticare i medici che sono gli unici che si fanno il mazzo per mettere una pezza alle sciocchezze di questo piazzista in pochette e a fare discorsi che hanno come target la componente benzodiazepinica della collettività parlando alla componente ansiosa del Paese.

Lui “fa”. Non importa se la realtà è che raccoglie tardivamente e male i suggerimenti dei presidenti di Regione Veneto e Lombardia. L’importante è che dia la percezione che lui faccia, abbia delle idee anche non sono sue e per giunta copiate tardi e copiate male. Lui ha peggiorato un problema che si sarebbe risolto comunque dopo tanti sforzi e ha dato l’impressione di averlo approcciato lui, a petto nudo e con la spada sguainata. Lui e lui solo: lui e “la popolazione” (i diazepam di cui sopra). D’altra parte dopo le cazzate sulla repressione Speranza è come la temperatura di Campobasso: non pervenuta. Giorni fa ha annunciato la “scelta” del supercommissario da affiancare alla Protezione civile: Domenico Arcuri. Credo che sia stata una scelta obbligata: Guido Bertolaso e Gianni De Gennaro gli hanno dato picche. A questo punto Arcuri è rimasto col cerino in mano. E gli hanno fatto vedere che come in Matrix lui sia “il prescelto”. Ma magari potrebbe anche essere: dato che non rischia di fare ombra a nessuno. E intanto la telenovela dei decreti a ripetizione va avanti ogni sera.

Aggiornato il 17 marzo 2020 alle ore 12:45