La creta retorica degli italiani nuovi

Fatta l’Italia bisogna fare gli italiani. Mai come in questo momento di emergenza sanitaria il vecchio motto della prima classe dirigente post-unitaria del Paese pare tornato ad essere l’idea dominante della fase politica che si è aperta con la grande crisi da pandemia e che è destinata a protrarsi per un tempo assolutamente imprevedibile ma sicuramente ancora molto lungo.

Per una parte della classe politica al governo e per la cultura dominante che ispira i comportamenti dei nostri governanti, infatti, il coronavirus è l’occasione migliore per costruire un modello d’italiano radicalmente diverso da quello che si è perpetuato per secoli e che è portatore di tutti quei vizi nazionali che da sempre costituiscono la zavorra immorale e negativa responsabile di tutti i ritardi con cui l’Italia si presenta agli appuntamenti con la storia.

L’italiano è individualista, antisociale, egoista, ferocemente legato al suo “particulare” come da sempre denunciato dai suoi migliori intellettuali? Bene! Ecco il momento per renderlo virtuoso, sociale, solidale, libero da ogni egoismo e consapevole che solo superando il proprio interesse strettamente personale si può consentire alla “terra dei morti” di entrare nel novero delle società più moderne ed avanzate e di guardare con legittima speranza ad un futuro migliore.

Ma come rendere possibile questa impresa sempre fallita sia nel passato prossimo che in quello remoto? I sostenitori dell’uso dell’emergenza del coronavirus come bisturi capace di eliminare i tumori più maligni del corpo sociale italiano sembrano convinti che l’unica ricetta da applicare sia quella del rigore repressivo affiancata dalla socialità indotta. Cioè la ricetta del bastone e della carota. Da un lato misure sempre più rigide dirette a limitare in maniera crescente la tendenza tutta italica a scambiare la libertà per licenza e dall’altro tutta quella serie di riti sociali che, grazie alla pressione di media sempre fermi all’idea ereditata da vecchie ideologie di stampo autoritario che l’informazione debba essere messa sempre e comunque al servizio dell’educazione nazionale e dell’elevazione delle masse, sono diventati gli strumenti migliori per organizzare ed indirizzare il consenso popolare.

Una ricetta del genere, però, non è solo vecchia come il cucco visto che ripropone l’antica formula del “festa, farina e forca”. Ma è anche e soprattutto, a causa dei riti sociali a cui si affida, il modo migliore per riproporre i vizi più antichi che in teoria dovrebbe estirpare.

Una popolazione posta agli arresti domiciliari rende sicuramente concreto il sogno autoritario di tutti i giustizialisti convinti che il terrore senza virtù è funesto ma la virtù senza terrore è impotente. Ma, sicuramente più folle di ogni altra, è l’idea che per rifare gli italiani sia necessario ricorrere a quell’orgia di retorica che da sempre è la spia del difetto peggiore del nostro Paese.

Una volta, per esorcizzare la peste, c’erano i riti religiosi e le grandi processioni dedicate a quei Santi che la credenza popolare considerava gli unici in grado di stroncare il morbo, da San Rocco a Santa Rosalia fino a San Gennaro e via di seguito. Oggi, visto che anche il Papa si è reso conto che le benedizioni in Chiesa ed i salmi delle processioni non scacciano il virus, si ricorre alla mobilitazione dei balconi ed ai canti da una finestra all’altra. I riti del passato erano il segno dell’umiliazione dell’individuo rispetto all’autorità di Dio e dei suoi Santi. Quelli moderni sono una forma di autocelebrazione del proprio impegno e della propria ritrovata virtù sociale.

“Imparando l’uso del balcone”, ha scritto Beppe Severgnini, gli italiani stanno dimostrando “di essere incredibili”, “di tirare fuori il meglio” di loro stessi nell’emergenza. Peccato, però, che questo meglio non sia altro che la solita retorica trombonesca che nasconde l’irresponsabilità e che ha prodotto per secoli lo stereotipo dell’italiano leggero e buffonesco convinto che basta cantare per far passare tutto.

Se questa è la creta con cui costruire gli italiani nuovi siamo messi decisamente male!

Aggiornato il 17 marzo 2020 alle ore 10:57