Il referendum e le majorette a stelle gialle

Il Parlamento è inutile: “Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune scompariranno. La democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato”.

Parola di Gianroberto e Davide Casaleggio. Questa è la radice (pseudo) culturale del recente taglio del numero dei parlamentari, sul quale taglio, siamo chiamati ad esprimerci col referendum confermativo il prossimo 29 marzo. Seguiamo la radice. Il cofondatore del Movimento 5 Stelle, in un’intervista del 2013 al Corriere della Sera, aprì formalmente la strada alla disfatta della democrazia rappresentativa, auspicando la castrazione delle funzioni parlamentari a favore della “rete” e della democrazia diretta. La “rete” non solo impone la regola “dell’uno vale uno”, perciò chiunque può svolgere la funzione di parlamentare perché mero “portavoce”, ma rende lo stesso Parlamento un’assemblea sostanzialmente inutile. Questo il succo del suo ragionamento.

Davide Casaleggio, nel 2018, è tornato sul tema in un’intervista a La Verità. Casaleggio junior si è fatto profeta dell’abolizione totale del Parlamento come organo costituzionale. Esso non solo è inutile, ma è perfino dannoso perché d’intralcio alle decisioni del popolo. Il brodo ideologico nel quale galleggia la riforma costituzionale è questo; e questo è il brodo nel quale sono affogati i partiti che hanno sostenuto la parata populista avviata dalle majorette a stelle gialle. L’errore di questi ultimi partiti, però, è doppio ed è ancora più grave, se possibile, di quello del Movimento: illudendosi di poter beneficiare anch’essi degli applausi del pubblico festante al passaggio delle majorette, non hanno saputo vedere oltre la parata, dando così la stura a un filone ulteriore di propaganda capace di far tremare vene e polsi. E poi, accovacciandosi nel politicamente corretto, hanno tradito le loro origini che nella rappresentatività diffusa trovavano il terreno più fertile.

Si dirà: la riforma non chiude le Camere, si limita a ridurne i componenti. È vero, la legge riduce, non elimina. Ma la riduzione ha l’obiettivo finale di eliminare o almeno comprimere forzatamente la democrazia rappresentativa: la riduzione del numero dei seggi è solo l’avvio di un processo storico articolato nel medio periodo. Il brodo ideologico del populismo vuole arrivare lì. È questo quel che dobbiamo infilarci nella zucca, direbbe Collodi, per poter esprimere consapevolmente il voto referendario. Se si ragiona seriamente, amputare la composizione parlamentare, d’altra parte, non ha senso. Un senso non ce l’ha, infatti, né dal punto di vista del miglioramento dell’efficienza, perché niente cambia nei procedimenti parlamentari, nei lavori delle commissioni o delle due aule; dal punto di vista del risparmio dei costi della politica. Ognuno di noi, in un anno, con quel risparmio, non riuscirà a bere neppure “‘na tazzulella ‘e cafè”. Risultato, questo, al quale si poteva arrivare, se proprio si riteneva indispensabile, con una sforbiciata alle indennità dei singoli parlamentari, senza toccare la Carta.

La Costituzione va maneggiata con cura e rispetto profondo. I valori e le regole che essa racchiude sono vendicativi: se trattati senza riguardo, se attaccati senza un reale motivo, per il solo gusto di sgrammaticarne l’impiantato o per seguire l’onda della demagogia, prima o poi ricambieranno l’offesa, non consentendo al sistema di rimanere più in squadra. La storia anche recente ne è testimone. Si pensi alla modifica dell’articolo 68 sull’immunità parlamentare, che ha legittimato lo strapotere delle procure della Repubblica, con gravi alterazioni dei rapporti tra i poteri dello stato; o alla bruttissima riforma del Titolo V sulla ripartizione delle competenze tra stato e regioni, con grovigli irrisolvibili anche in situazioni di emergenza come quella sanitaria attuale; oppure all’altrettanto brutta riforma dell’articolo 81 sull’obbligo di pareggio del bilancio dello Stato, con vincoli insopportabili per un’economia debole come quella del nostro paese. Ricordiamolo il 29 marzo.

Aggiornato il 02 marzo 2020 alle ore 13:16