
Il 12 febbraio il Senato voterà in Aula sulla “consegna di Matteo Salvini al braccio secolare”. In termini meno allusivi alla storia e più adeguati, non tanto alla cultura dei nostri lettori, quanto a quella, benché degli assai improbabili destinatari naturali di questo scritto, alla consegna nelle mani del Partito dei magistrati, che da tempo prudono assai di fronte “all’irriguardoso” personaggio. Si tratta di un atto previsto dalle norme relative ai processi per reati “ministeriali” che hanno sostituito quelle originarie della Costituzione, norme delle quali io pure porto una sia pur piccolissima parte di responsabilità (ero deputato all’epoca della loro approvazione). La funzione ed i limiti della legislazione speciale (costituzionale) relativa ai reati ministeriali è tutt’altro che semplice e lineare. Non starò quindi a cercar di spiegare (anche a me stesso) quali caratteristiche della vicenda che ne è oggetto dovrebbero essere valutate dal Parlamento per aderire o meno alle richieste di incriminazione da parte del cosiddetto Tribunale dei ministri (Magistratura ordinaria).
Una cosa, in mezzo a diversi possibili dubbi è certa ed assolutamente incontestabile: la normativa costituzionale ha caratteristiche unicamente processuali e non aggiunge o modifica norme di carattere sostanziale. In altre parole: non crea nuovi reati che non siano già scritti nel Codice penale e nelle altre leggi penali in vigore per i cittadini comuni. Diversamente da ciò che è previsto, invece, per il presidente della Repubblica, che, immune da ogni altra eventuale responsabilità penale, può, secondo la Costituzione, essere incriminato per “alto tradimento”, reato che non esiste nel Codice penale ordinario.
Bando alle disgressioni e scusatemi. Di che cosa è imputato Salvini? Il reato a lui ascritto è quello di “Sequestro di persona” (articolo 605 del Codice penale). Nessuno, tra tanti schiamazzi della stampa e tanti sproloqui di giuristi e moralisti veri e, soprattutto, presunti, pare si sia domandato di che cosa si tratta. Quando mai Salvini può aver acchiappato o fatto acchiappare un italiano o uno straniero, privandolo per un tempo più o meno lungo della sua libertà personale? Che, come è ovvio ed indiscusso, non consiste nel diritto di fare, andare e restare dove cavolo ci piaccia, ma non essere privato della facoltà di muoverci, di lasciare un posto. E’ il reato di chi abusivamente “incarcera”, chiude in un locale, mette alla catena un essere umano. Quello che facevano anni fa bande di criminali che infestavano l’Italia taglieggiando a titolo di ricatto ricchi ed anche qualche meno ricco a scopo di estorsione. Estorsione che però è solo un’aggravante perché il reato prescinde alla finalità del sequestro.
Non è qui ed ora che mi cimenterò nell’esposizione della “struttura” di questo reato, nei suoi elementi materiali e psicologici. Quel che mi pare assai semplice, tale da poter essere capito, che so, da un ministro Alfonso Bonafede e da certi altri miei conoscenti togati e no, è che l’elemento materiale e quello psicologico di questo reato non si concretano cacciando via la gente o impedendone l’accesso in qualche luogo, lasciandola, magari, fuori delle porte delle nostre case rifiutando di riceverle. Per usar termini che sappiano un po’ di scienza giuridica ma coincidenti con quelli delle polemiche sulla vicenda in questione, non esiste e fa solo ridere una sia pur particolare forma di sequestro di persona “per mancata accoglienza”. Né si dica che il sequestro fu operato “in conseguenza” di quel rifiuto di sbarco in Italia per cui i migranti rimasero sulla nave. A parte il fatto che a tal fine occorrerebbe, quanto meno incriminare il comandante della nave oltre a diversi altri ministri, è certo che l’elemento psicologico del reato deve riguardare la persona cui esso è addebitato e non essere “delegato” ad altri e essere frutto di un “mixage” con le condotte di altri soggetti qualsiasi.
“Perdonate le chiacchiere”, dicevano i gentiluomini napoletani di una volta dopo essersi trattenuti, magari un po’ troppo a lungo, con qualche amico casualmente incontrato. Non perdonate però Voi, miei lettori, il fatto che queste mie chiacchiere, che non sono quelle di un profano né di un leguleio formato Bonafede, non siano ascoltate e siano private di ogni “accoglienza” da coloro che di questo problema dovrebbero farsi carico: oggi i senatori della Repubblica. Voglio spiegare a Salvini come difendersi? Ci mancherebbe altro! Credo che non gli manchino i migliori avvocati. Ne parlo e ne scrivo perché tutto ciò riguarda non tanto l’indagato Salvini o l’innocente o colpevole Salvini. Al quale devo solo rispetto e, magari, un po’ di pazienza. Sono cose che riguardano tutti noi. Che le “figure di reato” non ci vengano tagliate e cucite addosso di volta in volta come un vestito per una cerimonia è cosa turpe ed incivile. Un pericolo per tutti noi. Anche per quelli che non hanno messo in pericolo, con “eccessive” raccolte di voti, le poltrone altrui come l’ex ministro dell’Interno.
Aggiornato il 05 febbraio 2020 alle ore 12:39