
Le tattiche possono divergere ma la strategia è la stessa: togli i soldi al giornale che ti critica. O, se si preferisce: taglia i fondi ai giornalisti che non ti adulano. Il Fondo per l’editoria – come lo vedono i grillini – doveva servire a questo: separare i buoni dai cattivi. Ora ci sta un uomo del Partito Democratico e le cose non mutano molto perché i pozzi avvelenati da Vito Crimi da una parte e la sconcertante propensione al compromesso in perdita da parte della sinistra dall’altra, non cambiano il problema.
Così i fondi per i giornali che non possono vendere in edicola perché l’editore non è abbastanza ricco e potente sullo scenario nazionale – ma che garantiscono un sano pluralismo di idee e di critiche – sono diventati un finto problema di finanza pubblica e un vero capro espiatorio a buon mercato da dare in pasto a un’opinione, sempre pubblica, addestrata ormai da anni all’antipolitica e al qualunquismo. Oltre che assuefatta alla mancanza di una vera libertà di base liberale. È la improvvisata ideologia forcaiola e paranoica della legalità imposta con la forza – manu militari – che ha sostituito la società e la politica. Comandano le burocrazie dello Stato. E i generali di questo esercito sono i magistrati in genere e i pm d’assalto in particolare.
I quali, se i giornali osano non lodarne le res gestae, li esibiscono al pubblico disprezzo. Tramite altri giornali e giornalisti compiacenti che da buone mosche cocchiere sono anche gli stessi che cavalcano la battaglia del taglio dei fondi di cui sopra. La nemesi – che colpisce anche i giornalisti considerati “buoni” – è nella crisi dell’Inpgi. Senza i contributi dei giornalisti e dei giornali un tempo sovvenzionati, e oggi messi sul lastrico, l’istituto è a rischio commissariamento. Gli aedi del giustizialismo sono come quei mariti che si evirano per fare dispetto alle rispettive mogli. La differenza è che loro lo fanno per antipatia umana e ideologica. E per fare dispetto ai concorrenti, fossero pure quelli in sedicesimo. Per ergersi moralmente su tutti noi che abbiamo preso i fondi pubblici affossano anche se stessi.
Aggiornato il 27 dicembre 2019 alle ore 13:11