Sardine e giravolte

Ormai da troppi anni viviamo in un clima da rissa permanente. Ciò ha prodotto nel tempo la scomposizione dei vecchi poli (centrodestra e centrosinistra), la nascita del qualunquismo cialtrone a Cinque Stelle e il rimescolamento delle alleanze trasformatesi in un gioco di società piuttosto fluido.

Prova ne sia il fatto che in un batter di ciglia siamo passati dai gialloverdi ai giallorossi battezzando nel frattempo la nascita del cialtronismo ittico (le cosiddette Sardine), una sorta di Frankenstein metà ciarpame qualunquista simil pentastar (o forse anche di più) e metà retorica piazzaiola della peggiore sinistra d'antan.

Il risultato è da un lato la completa ingovernabilità dovuta al fatto che le maggioranze si formano in maniera posticcia e senza alcun substrato politico-programmatico e dall’altro un immobilismo talmente cosmico da indurre la pubblica opinione ad impegnare il proprio tempo a parlare di sardine. La gente ne parla non tanto perché le stima o le voterebbe, ma piuttosto perché tutto il resto è drammaticamente incagliato tra lotte intestine e tranelli giudiziari.

E allora tanto vale sentire le vaccate sull’uso dei social da parte dei ministri – quella sottospecie di monnezza che viene definita il programma delle sardine – come se il problema dell’Italia fosse la propaganda sui social. Ma avete sentito le proposte programmatiche dei pescetti bolognesi? Fanno venire i brividi, una roba a metà tra il “varie ed eventuali dell’assemblea di classe” e le regole di comportamento dei gruppi pubblici come se l’Italia fosse un immenso gruppo Facebook. Desolante. Va bene il vuoto della politica ma, prendere i rutti programmatici di Mattia Santori come fossero una cosa seria e farli assurgere a dignità di spunti per un dibattito pubblico, è sinceramente troppo anche per la macchina propagandistica della sinistra che ambisce a trasformare le sardine in delfini.

Fregnacce a parte, bisognerebbe piuttosto prendere sul serio le parole di Gian Marco Centinaio secondo cui ci sarebbero delle trattative tra pezzi del centrodestra, esponenti qualificati del centrosinistra e dei Cinque Stelle finalizzati ad assicurare la continuazione della legislatura dopo la caduta del Governo “Conte in versione progressista”.

Il quale Conte bis appare ormai agli sgoccioli: traballa sulla manovra, traballa sul salvataggio della Popolare di Bari, traballa sulla politica economica internazionale, traballa un po' su tutto dimostrando di non potere andare avanti a lungo.

Non vorremmo (dati i movimenti interni a qualche partito centrista in via di estinzione) che, come nel passato con Mario Monti ed Enrico Letta, qualche Nuovo Centrodestra animato da qualche sedicente leader senza il quid andasse a comporre un gruppo di volenterosi, di riserve della Repubblica pronte a tenere in vita la legislatura per rimanere il più possibile attaccati alla cadrega. Se ciò accadesse, visto che i volenterosi provengono più a meno sempre dagli stessi ambienti, costoro dovrebbero essere banditi dalla coalizione perché l’inciucio proviene sempre dalle solite fila. E siccome qualcuno di costoro rientra anche alla base candidandosi con il centrodestra alle successive elezioni come se nulla fosse, viene il dubbio che ci siano transumanze organizzate.

Ma c’è un di più: questa volta però anche Matteo Salvini si iscrive sorprendentemente tra i volenterosi. Dopo aver preso i voti del centrodestra portandoli nel famoso governo gialloverde e dopo aver consumato lo strappo creando i presupposti perché si arrivasse al Governo Conte bis, questa volta dalle parti dei lumbard si accarezza l’idea di un Esecutivo “provvisorio” di salute nazionale sostenuto da tutti. E questa giravolta si consuma dopo aver invocato per mesi le elezioni, la linea dura contro le sinistre che stanno ammazzando il Paese, i trasformisti che temono le urne e via pontificando.

Se fosse un modo per disarticolare l’attuale maggioranza, la mossa di Salvini sarebbe da applausi. Se invece fosse autentica voglia di ammucchiata, si tratterebbe di un fatto tanto grave quanto svilente da cui il Partito di Via Bellerio uscirebbe azzoppato a livello elettorale. Ma soprattutto a livello morale.

Aggiornato il 18 dicembre 2019 alle ore 12:11