Destra Liberale, se vuole veramente essere tale, cioè liberale, deve porsi la questione di cosa significhino oggi i diritti umani. È tramontata l’illusione che la fine della Guerra fredda abbia significato il loro trionfo. È vero il contrario. Il cinismo più deteriore ha preso il sopravvento nelle guerre per il potere. Si è rispolverata una parodia della Guerra fredda per trovare un capro espiatorio internazionale: Vladimir Putin. Lo s’incolpa di tutto, dall’indirizzo omofobo della legislazione della Duma a violazioni della libertà d’informazione. Il lato oscuro dell’operazione sta poi nel ritenere un Paese perbene la Cina popolare di Pechino: un regime totalitario al confronto col quale la vecchia Unione Sovietica sembra liberalissima, dove per reati neppure di sangue ma contro il patrimonio, quelli puniti in Italia col taglio delle basette, si finisce fucilati con un colpo di pistola alla nuca dopo processi-farsa senza appello. Poi la Cina di Pechino esporta organi per trapianti espiantati da quei condannati a morte.
Un liberale non può non inorridire davanti al regime fondamentalista iraniano, ma come può tollerare che si trattino affari con l’Arabia Saudita, dove una donna violentata viene lapidata come adultera? Insomma, Putin serve da Pierino in molte barzellette sulla scuola: succede qualcosa in classe, è stabilito debba essere comunque colpa sua. Se è stato un altro, pazienza. Tanto non ce la si può prendere con tutti. Questioni sul confine ucraino sono imperdonabili; che la Cina comunista occupi il Tibet dal secolo scorso non rileva.
Si potrebbe continuare, ma quello che è inammissibile è l’utilizzo ideologico dei diritti umani, come arma contro chi si decide essere il “nemico”. Questo vale anche su piano interno. Garantista è un insulto se l’imputato una volta era Bettino Craxi, poi Silvio Berlusconi ed oggi Matteo Salvini; è una parola sacrosanta se riguarda gli imputati per il traffico dei bambini di Bibbiano. Basta.
Aggiornato il 18 dicembre 2019 alle ore 13:13