Un’osservazione meno affrettata di due fenomeni contrapposti, Salvini e Sardine, consente forse di orientarci all’interno di un contesto politico nel quale, l’assenza dell’aggettivo precedente, si coniuga fondamentalmente con i suoi sostituti: media, special, Twitter, talk-show.

Ne deriva, meglio ne è derivata, una narrazione della politica tout court che solo i superficiali ne denunciano le origini in Silvio Berlusconi, che pure dei media fece ampio uso non foss’altro per averne battezzato le espressioni per dir così private ma influenzando di molto il linguaggio delle tivù pubbliche e, insieme, il racconto nuovo della Polis. Tra l’altro, chi tolse la Lega di Umberto Bossi dai primordiali barbari e nordici gridi fu proprio il Cavaliere, con un’operazione che riuscì a sposare e quindi confondere nei coacervi italici il Lumbard che era nei leghisti ponendolo al contatto con le evenienze nazionali strutturate anche in governi non soltanto locali.

In questo senso, anche la provenienza e gli sviluppi di una leadership come quella di Matteo Salvini è debitrice dell’assunto di cui sopra e non soltanto nella superficialità mediatica. Con differenze, specialmente recenti e sullo sfondo della progressione quasi fatale della riduzione di quella Forza Italia, nonostante il piano di rilancio dal Cavaliere più volte annunciato e che si limita a nuovi coordinatori nazionali col risultato (inevitabile) di perdere ulteriori pezzi.

Salvini, da qualche anno, fa storia a sé anche e soprattutto perché si è trovato in una situazione di splendido isolamento sia all’opposizione che al governo marcandone una diversità, specialmente con i pentastellati, sui temi scottanti come l’immigrazione e la sicurezza, premendo spesso e volentieri il pedale degli allarmi sociali; persino oggi che, a detta di non pochi ricercatori, gli sbarchi sono ridotti al lumicino e la stessa situazione generale dei 5 milioni di immigrati sembra abbastanza sotto controllo.

Siamo in un certo senso lontani sia dal Papeete che dalle consuete eppur molto capaci interiezioni buttate a regola d’arte nei contesti polemici grazie anche ad uno staff mediatico da fare invidia a tutti gli altri protagonisti, letteralmente presi in contropiede dalla foga salviniana. Ma, come si sa, things change, tanto più in un progredire politico soggetto a svolte improvvise e, dunque, a cambiamenti, basti pensare all’arrivo sulla scena di un Matteo Renzi e del suo nuovo partito e, non va dimenticato, il Movimento delle Sardine, delle quali, se la memoria non ci inganna, si vorrebbe innanzitutto ricordare che la nascita a Bologna era soprattutto funzionale ad un sostegno, sia pure velato, alla candidatura di Stefano Bonaccini del Partito Democratico.

Le Sardine derivano a loro volta dal grillismo prima maniera, cioè prima della scelta governativa di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, portatori di un movimento metapolitico e innovativo nella comunicazione: uso del web, linguaggio contro tutto e tutti, espressioni violente e senza alcun pudore. Un linguaggio a cui le Sardine non potevano non attingere, ma secondo toni più moderati, più tolleranti, a loro modo giocosi e per dir così buonisti. Non un programma politico e tanto meno un progetto, a parte la volontà di accoglienza e di multiculturalismo; non un movimento politico ma un movimento contro l’uomo nero di oggi, Matteo Salvini, proponendosi come una sorta di anticorpo che, comunque e nonostante la ripetuta negazione a qualsiasi forma partitica in nome di un’utopia moralistica e di un credo antifascista, si colloca chiaramente a sinistra ballando e cantando “Bella ciao”.

È in questa nuova situazione che anche Salvini è costretto a muovere le sue pedine su un quadrante fino ad ora da lui stesso respinto, abbandonando le tonalità (e non solo) della guerra contro tutto e tutti in favore di una sorta di appeasement con un’offerta evocante le antiche usanze delle unità nazionali, sia pure con il proposito di ritornare alle urne non appena si saranno sciolti insieme i nodi più ardui e complessi.

Ed è quasi ovvio che la manovra salviniana susciti sospetti nei governanti – ma non tanti in Renzi et pour cause – ma anche in non pochi suoi ammiratori. Ma la strada della politica è soggetta inevitabilmente a curve. Anche pericolose

Aggiornato il 18 dicembre 2019 alle ore 12:30