
I comportamenti posti in essere dalle forze politiche sono tali da richiedere un’approfondita attenzione. Non si può rimanere distratti di fronte alla superficialità con cui vengono affrontate importanti questioni per la vita del Paese e senza alcuna comprensione dei suoi autentici interessi.
Tutto viene visto in funzione propagandistica ai fini del potere. Rilevanti tematiche, quali ad esempio il Mes, anziché essere trattate con il dovuto rigore e con spirito unitario in considerazione degli interessi in gioco, danno luogo alle più svariate valutazioni, ingenerando incertezze e sconcerto. Vi è il segretario della Lega, Matteo Salvini, il quale sostiene che, così come il Mes, è formulato, torna utile alla Germania e svantaggia l’Italia.
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, la cui posizione è favorevole all’accordo, nel tentativo di tranquillizzare, afferma che non vi sono pericoli di alcun genere per l’Italia, non essendoci modifiche alla situazione precedente; e poi si opera proprio per apportare alcune modifiche. Le stesse osservazioni si devono fare rispetto a talune prese di posizione del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: egli, di fronte alla possibilità che i Comuni possano aggredire i conti correnti dei contribuenti inadempienti, ma, ha in un primo momento asserito che non c’era da preoccuparsi salvo poi ad affermare successivamente che, in tal modo, si effettuava l’equiparazione alla normativa dell’Agenzia delle Entrate: questo dimostra la fondatezza delle preoccupazioni.
Un’altra grave ferita alla vita dei cittadini viene inferta con l’abolizione della prescrizione: sulla base di motivazioni del tutto infondate. Si rinuncia a un istituto conosciuto negli ordinamenti giuridici più antichi. Bisogna domandarsi che senso abbia affermare che, con la prescrizione, molti delinquenti, servendosi di astuzie avvocatesche, riescono a farla franca, quando è noto al colto e all’inclita che le dilazioni nei processi le concedono i giudici. Mancano poi, nella manovra finanziaria attuale, logica ed equità. Quando non vi sono le risorse, bisogna guardare le situazioni di ordine generale e prestare soccorso solo ai bisogni autentici. Ed invece, per ottenere il consenso elettorale, si attribuiscono benefici a talune categorie, colpendone senza criterio altre per trovare le coperture necessarie. È ingiusta, ad esempio, ove venga attuata, la limitazione della detrazione delle spese sanitarie per i redditi di una certa entità quando un cittadino facoltoso paga le tasse. Ha gli stessi diritti di tutti gli altri.
Il caso Ilva di Taranto, poi, dimostra la mancanza di una politica industriale; in nome di un giustizialismo di facciata, si è più volte modificato il cosiddetto scudo penale, arrecando un colpo alla credibilità del Paese. Non esiste, inoltre, una politica delle riforme.
La riduzione del numero dei parlamentari serve solo a fare presa su certo elettorato, ma non a rivitalizzare il Parlamento, che abbisogna, nel caso di mantenimento delle due Camere, di una differenziazione delle funzioni. La grande negletta, in taluni paesaggi importanti, è la Costituzione: come non ricordare, a tal proposito, che il Governo Renzi, con decreto-legge, ha posto nel nulla una sentenza della Consulta riguardante l’adeguamento di tutte le pensioni al costo della vita.
Assoluta è, poi, la trascuratezza nei confronti della Pubblica amministrazione: si presentano come riforme-interventi (spesso di natura ingiustamente repressiva) sul personale, nel mentre una autentica riforma deve riguardare la rideterminazione delle competenze degli uffici, la semplificazione normativa, il passaggio da un’amministrazione per procedimenti a un’amministrazione per atti, la riformulazione delle responsabilità degli addetti. Non può portare miglioramenti effettivi la digitalizzazione, se non si opera sui pubblici apparati nel modo sopra ricordato. Nelle attuali classi dirigenti non è dato riscontrare un’adeguata cultura politica. I medievali, perfino, appaiono più avanzati dei politici del nostro tempo. Tommaso d’Aquino affermava che il potere non è un imperium a favore di chi lo detiene, ma un officium, una potestà di servizio avente come fine il bonum commune. In una riproposizione della “querelle des Anciens et des Modernes”, noi affermiamo che l’Aquinate, in politica, è di gran lunga più moderno.
Aggiornato il 17 dicembre 2019 alle ore 13:30