Renzi ed i maledetti toscani

venerdì 29 novembre 2019


Come l’orologio rotto che una volta al giorno fissa l’ora giusta, anche Matteo Renzi, che agli occhi degli avversari ha sempre torto, questa volta ha pienamente ragione. Come si finanzia un partito ora che il finanziamento pubblico è stato cancellato? La questione posta dal leader di Italia Viva, dopo che la magistratura fiorentina ha messo sotto inchiesta la Fondazione che raccoglieva i soldi per il suo neonato partito, è una questione di vitale importanza per il funzionamento della democrazia. Se il finanziamento pubblico è abolito e quello privato costituisce per i magistrati di Firenze un reato, come può un soggetto politico portare avanti la propria attività? Il caso personale di Renzi solleva una questione che riguarda tutti. Ma accanto al problema dell’assurda abrogazione del finanziamento pubblico e della criminalizzazione di quello privato, una seconda questione di ordine generale viene allo scoperto grazie alla vicenda renziana. Ma perché la magistratura si occupa solo dei soldi a Renzi e non si occupa di come gli altri partiti e movimenti riescono a sostenere le loro attività?

I renziani hanno il sospetto che alla radice dell’inchiesta ci sia il caso Lotti-Palamara e i loro accordi per impedire al Procuratore capo di Firenze di succedere a Pignatone a Roma. Ovvero che dietro l’obbligatorietà dell’azione penale ci sia il fatto personale.

Ma il sospetto che dietro le questioni nazionali del funzionamento della democrazia e della giustizia si nasconda un bisticcio da “maledetti toscani” introduce un interrogativo di fondo. Non è che avesse ragione Gino Bartali quando diceva che “l’è tutto sbagliato, tutto da rifare?”.


di Orso di Pietra