Non sarà l’Ohio, ma contro il Paese non si governa

lunedì 28 ottobre 2019


L’Umbria è infinitamente più bella dell’Ohio, il piccolo Stato del Midwest che è da sempre una cartina di tornasole per sondare l’umore e la pancia degli Stati Uniti.

Così come i cittadini del Bukeye State, con i loro diciotto “voti elettorali”, sono quasi sempre decisivi nelle elezioni del Presidente degli Stati Uniti, così quello umbro è un voto politico, con buona pace delle banalizzazioni pre e post-voto.

Ha voglia, infatti, “GiuseppiConte di far paragoni irrispettosi con la Provincia di Lecce, salvo poi doverci mettere la faccia a Narni in quella che pare una riedizione della foto di Vasto; il voto degli umbri dà alcune indicazioni chiarissime.

La prima, il Movimento Cinque Stelle è ridotto all’irrilevanza e già inizia la Guerra Santa dei peones, terrorizzati dall’idea di doversi trovare un lavoro vero, contro Luigi Di Maio.

La seconda, l’alleanza voluta da Matteo Renzi fa male al Partito Democratico – sempre più ridotto a condominio litigioso – ma non fa un granché bene neppure a lui, nonostante i distinguo pelosi: sempre a percentuali da prefisso telefonico la sua Italia Viva resta inchiodata.

La terza, la Lega da sola prende più voti di Pd e grillini messi insieme; la guida della coalizione di centrodestra è assegnata senza se e senza ma.

E, infine, il segnale più importante. Nelle prime elezioni dopo la crisi di agosto e la nascita del nuovo Governo, tenuto insieme solo dal “pericolo” Salvini, il Paese reale è andato a plebiscitare lo stesso Salvini come vettore di cambiamento. Questo chiama in causa, inevitabilmente, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: una cosa è la prassi costituzionale, un’altra è un governo all’opposizione del Paese; fa tutta la differenza del mondo.


di Massimiliano Annetta